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giovedì 28 marzo 2024
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Icaro Sport

Gli uomini X della solidarietà

In foto: Quattro moschettieri dello sport estremo vogliono portare aiuto a chi soffre
L’IMPORTANTE non è vincere, ma sopravvivere. Una regola di vita, più ancora che un motto, quando il traguardo è al termine di 42 chilometri di maratona nel deserto, tra alture che scompaiono all’improvviso e la sete che prende alla gola.
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L’IMPORTANTE non è vincere, ma sopravvivere. Una regola di vita, più ancora che un motto, quando il traguardo è al termine di 42 chilometri di maratona nel deserto, tra alture che scompaiono all’improvviso e la sete che prende alla gola. ">
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dom 8 lug 2001 12:12 ~ ultimo agg. 18 nov 17:17
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Eppure questi atleti dell’impossibile, che si cimentano in competizioni di sport estremi ai quattro angoli della terra, vogliono persino a cogliere le situazioni di necessità delle persone incontrate negli spostamenti.
È nato così l’X Team, un gruppo di sportivi appassionati di Ironman Triathlon, maratona, Desert marathon e Raid Adventures che intende coniugare sport e avventura con iniziative di solidarietà.
Ugo Fabbri, Marco Troni e i due fratelli Cristian e Fabio Zanesco, si sono rivolti a don Giuliano Renzi, per anni missionario in Brasile e America Latina, dove ha mantenuto amicizie e contatti ed è impegnato in progetti di sviluppo, per avere una guida sicura.
“Gareggiamo in luoghi incantevoli, ma anche in posti dove ci sono persone bisognose di aiuto – spiega Ugo Fabbri, il veterano del gruppo – Da qui nasce la nostra idea di farci prossimi a chi è nella necessità”.
Il primo obiettivo è rivolto ai bambini di Rio de Janeiro, in particolare quelli che vivono nelle favelas e per i quali una missione cattolica ha dato il via ad una scuola calcio, primo passo per toglierli dalla strada. “Vorremmo fare da ambasciatori tra il nostro mondo e quello di persone più sfortunate” rilancia Marco Troni.

I primi sponsor sono già in dirittura d’arrivo, mentre i quattro atleti romagnoli si stanno preparando per l’Ironman in programma a luglio a Klaghenfurt, in Austria. 3,8 km di nuoto, 180 km di bici e 42,195 di corsa, l’Ironman è la corsa “dal tramonto all’alba”.
Per tagliare il traguardo occorrono almeno 8 ore, ma il pubblico non sgombera fino a quando anche l’ultimo concorrente non ha transitato. “In mezzo al gruppo, partecipano anche disabili: uno di loro è arrivato al traguardo con la protesi della gamba in mano”.
In Italia sono appena 350 gli uomini che hanno portato a termine l’Ironman. Passione, entusiasmo, determinazione, amore per la natura e voglia di faticare sono gli elementi di questa performance sportiva estrema, “in realtà accessibile a tutti, niente a che vedere con le discese dell’Himalaya” taglia corto Cristian Zanesco. Rispetto al triathlon, quello olimpico di Sidney, l’Ironman è caratterizzato dalla voglia di mettersi alla prova: “arrivare e non vincere” è il motto degli “uomini di ferro”. Nella bici, per esempio, è vietato pedalare in scia, pena la squalifica.
“È fondamentale il desiderio di questi ragazzi che non vogliono vivere lo sport come ripiegamento su se stessi, ma come un’apertura reale verso situazioni e persone meno fortunate” il commento di don Giuliano, mentre saluta gli atleti, duri in gara e campioni di umanità.

Paolo Guiducci