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Percorso difficile, ma non inutile

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 20 mar 2018 08:54 ~ ultimo agg. 21 mar 10:53
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Portiamo avanti il nostro racconto delle adozioni internazionali. Due settimane fa nell’articolo “Adozioni Internazionali, il folle caso dell’Etiopia” (ilPonte, 4 marzo 2018) raccontavamo la storia di Bianca Festa e del marito Paolo Magotti che, dopo aver adottato nel 2013 la piccola Ephrata, stanno provando ad adottare un altro bimbo anche se, dopo aver inviato tutti i documenti in Africa, a gennaio il Parlamento etiope ha abolito l’adozione internazionale agli stranieri, chiudendo di fatto il canale esistente con il nostro Paese.

Oggi raccontiamo la storia del riminese Mario Rossi che, come avrete ben capito ci ha chiesto di mantenere l’anonimato, e del suo viaggio da genitore adottivo.
“La mia è una storia come tante altre. Con mia moglie abbiamo iniziato il classico percorso d’idoneità  ottenendo sia quella per l’adozione nazionale sia quella per l’adozione internazionale. Anzi siamo risultati idonei anche all’adozione di un portatore di handicap”.

 

I coniugi Rossi oggi hanno un figlio di 8 anni, arrivato nella loro famiglia quando aveva appena 8 mesi. Loro sono le persone giuste per affrontare anche il tema degli enti accreditati che fanno da tramite tra le famiglie italiane e i Paesi stranieri cui le stesse si riferiscono per ottenere l’adozione del bimbo. “Noi abbiamo parlato con più enti, in particolare con uno che aveva contatti con l’Est Europa e un altro con il Sud America. Con il primo abbiamo interrotto quasi subito i contatti perché non si è instaurato il giusto rapporto di fiducia, mentre con l’altro siamo andati avanti, tanto da fare un viaggio nel paese d’origine della bimba, ma poi non abbiamo avuto l’abbinamento”.

Mario va avanti con il racconto, ci dice che alla fine a quella bambina era stata data la possibilità di rimanere e crescere con la mamma biologica che stava facendo un percorso di recupero e stava dimostrando la maturità per potersi occupare della piccola. “Non ti dico che in quel momento non ci rimani male, ma poi capisci che è giusto così. Pochi mesi dopo siamo stati chiamati per un’adozione nazionale. Anche se il nostro bambino è molto diverso da noi”.

 

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