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Rimini Rimini Social

Se sociale e mondo dell’impresa si incontrano

di Silvia Sanchini   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
mer 21 feb 2018 07:04 ~ ultimo agg. 20 feb 19:09
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È una bella storia quella di Casabrigandi, un nuovo locale inaugurato a Rimini lo scorso 22 dicembre nel cortile di Palazzo Carli, a due passi da piazza Tre Martiri.

Ristorante ed enoteca, si caratterizza per la scelta di piatti ricercati, originali cocktail studiati da Andrea Terenzi e arredi in legno così belli che sembra quasi di essere in un locale nordeuropeo.

Ma dietro a tavoli e mensole c’è un segreto in più: gli arredi di Casabrigandi sono infatti stati realizzati da Claudio Scola, insieme alle persone che frequentano il Cso (Centro socio occupazionale) di Lagomaggio e ai ragazzi che vivono alla Casa per le emergenze “Amarkord”.

Il primo è un servizio attivo a Rimini sin dal 1979: un centro gestito dall’Associazione Sergio Zavatta onlus destinato a persone con disabilità che non possono accedere al mondo del lavoro in forma temporanea o permanente. “Amarkord” è invece una struttura di pronta accoglienza per minorenni gestita dall’Associazione Sergio Zavatta insieme alla coop. sociale Il Millepiedi.

 

 

“Avevo contattato Claudio, su suggerimento di altri negozianti riminesi, per realizzare la pedana in legno per l’ingresso al mio locale”, racconta Fabio Brigandì, chef e proprietario del ristorante. “Sono stato soddisfatto del lavoro e ho voluto visitare il laboratorio di falegnameria attivo all’interno del Cso. Così ho pensato che i ragazzi avrebbero potuto realizzare insieme a Claudio gli arredi di tutto il ristorante”.

“Ho dato loro i disegni di come avevo pensato gli interni e gli stessi ragazzi sono venuti a visitare gli spazi del locale per farsi un’idea del lavoro da svolgere”, aggiunge. “Mi piaceva l’idea di farli lavorare a un progetto che non fosse il solito banale lavoretto. Al tempo stesso mi interessava un prodotto unico nel suo genere e, perché no, anche sociale”.

Per raccontare le persone che stanno dietro a questo progetto, Claudio parte da alcune storie: “C’è Manuela, che questa mattina per la prima volta ha scelto da sola di fare le scale invece che prendere l’ascensore. O c’è Paul, che vive su una carrozzina, ma dopo anni è riuscito a imparare ad aprire da solo la porta. Davanti a un ostacolo l’educatore ha sempre due scelte: aiutare l’altro sostituendosi a lui, o fare in modo che possa trovare una soluzione e rendersi indipendente. Per fare questo bisogna assumersi dei rischi”.

“Credo che in questo Fabio abbia mostrato di essere in qualche modo anche lui un bravo educatore! Affidandoci il suo locale, ha rischiato. E noi con lui, perché era la prima volta che realizzavamo un lavoro così importante. Ma non abbiamo trovato scuse e abbiamo gettato il cuore oltre l’ostacolo”, prosegue Claudio.

“Per noi la falegnameria non è un fine, ma un mezzo – conclude – uno strumento di relazione e integrazione, uno spazio di incontro, un luogo dove sviluppare competenze. Per questo anche la scelta di mettere insieme persone con disabilità e minori stranieri. Vogliamo educarli, insieme, a fare qualcosa per la comunità. Ci siamo attivati, messi in gioco, aperti al mondo”.

In poco più di tre anni, dalla prima pedana in legno realizzata nel 2015 per il Caffè Commercio, il Cso ha già realizzato 40 pedane per altrettante attività commerciali.

Un’attività propedeutica al lavoro ma che racconta un cambiamento anche metodologico, spiega il coordinatore dell’area disabili dell’associazione S. Zavatta Francesco Lagari: “Tutto questo rappresenta una svolta non solo per quanto riguarda gli aspetti lavorativi, ma anche relazionali. Per molti anni al centro dell’interesse e dell’azione educativa è stato l’operatore, che oggi invece passa in secondo piano. Al primo posto viene la persona con i suoi bisogni e le sue competenze, nell’obiettivo di renderla sempre più autonoma”.

“Per noi è molto importante questo incontro fra il mondo dell’impresa e quello del sociale”, aggiunge infine Luigia Cannone, coordinatrice dell’area emergenze e inclusione sociale. “Dobbiamo finalmente scrollarci di dosso l’immagine che gli oggetti realizzati da persone vulnerabili siano esteticamente brutti o di poco valore e realizzare cose belle, apprezzate dai professionisti e dalla cittadinanza”.

E i clienti del locale sembrano apprezzare molto la scelta, conferma Brigandì: “Molte persone ci fanno i complimenti per gli arredi del locale, ancora prima di conoscere la loro storia. Per questo abbiamo pensato di proporre a Claudio e ai ragazzi di realizzare in vista dell’estate anche i tavoli da collocare all’esterno del ristorante. E se potremo suggerire il loro nome ad altri gestori di locali riminesi, non esiteremo a farlo”.