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Quasi 800 "mi piace" per la pagina Facebook Rivogliamo il Basket Rimini

In foto: Più di 700 mi piace per la pagina Rivogliamo il Basket Rimini
Più di 700 mi piace per la pagina Rivogliamo il Basket Rimini
di Icaro Sport   
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lun 12 feb 2018 18:38 ~ ultimo agg. 13 feb 13:33
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Quasi 800 “mi piace” in pochi giorni per la pagina Facebook Rivogliamo il Basket Rimini. Gli amministratori intervengono con un post in cui spiegano le motivazioni che li hanno spinti a intraprendere la contestazione nei confronti dell’attuale proprietà del Basket Rimini Crabs.

“Avvertiamo una certa responsabilità, i vostri numerosi like si fanno sentire… per questo abbiamo chiesto una mano all’amico giornalista (e compagno di tante trasferte negli anni 90) Matteo Peppucci, per spiegare al meglio il nostro punto di vista sul “settore giovanile”.

“I FIGLI PERDUTI DEL BASKET RIMINI”

Se vostro figlio domani vi chiedesse di giocare a pallacanestro, lo mandereste al Basket Rimini?

Apperò che Domanda. Eh si, signori, ma gira tutto attorno ‘alla’ domanda. Settore giovanile del Basket Rimini. Vengono solo i brividi al pensiero. Tutti pensano alla nidiata del ’72, quella dei ‘fenomeni’ Myers, Ferroni, Ruggeri, Semprini che portò Rimini sul tetto d’Italia nel 1991 con Massimo Bernardi al timone. Ma probabilmente quello è stato solo la punta di un iceberg immenso, infinito, costruito in decenni di investimenti su istruttori e allenatori, dirigenti, senso di appartenenza, scouting, scuole.

Adesso, di tutto questo, non c’è più niente. Polverizzato nel giro degli ultimi anni dove la Foresteria di Lucky Luciano ha smesso praticamente di esistere (perché costava troppo e portava niente, impantanata su pseudo prospetti NBA alla Wojcek Barycz, per intenderci, e improbabili prospetti italici che, per rispetto, preferiamo non citare), implosa sul suo errore di fondo: pensare che il – presunto – talento conti di più degli istruttori, del metodo, del lavoro, della fame.

Il mitico prof. Rinaldi, negli anni 70-80 (ma anche prima), si faceva il giro delle scuole di Rimini e dintorni col mitico furgoncino modello Libici di Ritorno al Futuro (venduto anche quello, che amarezza) scegliendo i migliori, che tornavano a casa piangendo solo per il fatto di ‘poterlo fare’, un provino per il Basket Rimini.

Poi c’era il traino della prima squadra, che ne faceva 4000 ogni domenica al Flaminio ed era guidata da gente di Rimini, ma soprattutto da una vera società dove c’era un presidente, un general manager, un direttore sportivo, un team manager, un allenatore, ecc., con una precisa suddivisione dei ruoli che partiva dal presupposto fondante di ogni organizzazione che funziona. La delega delle funzioni, la suddivisione dei compiti.

Per Lucky non è mai stato così: lui comanda, gli altri eseguono e se non sono d’accordo, aria. Così facendo, ha perso una serie di allenatori/istruttori di basket capacissimi, in primis Paolo Carasso (che non è un santo, ma di giocatori ne ha cresciuti parecchi e bene ed è stato istruito dal mito Claudio Papini, uno che se ci fosse adesso se ne sarebbe andato pure lui…), con tutta la sua diaspora del 2004 sulla quale non vogliamo tornare, ma poi anche Fabrizio Ambrassa, Gabriele Ceccarelli, Guido Restanti, Lorenzo Gandolfi, e scusate se ne dimentichiamo sicuramente altri.

Aldilà delle scelte personali, se non si parte dagli allenatori-istruttori-maestri di basket, non si va da nessuna parte. Se non investi lì e continui a tagliare, ‘hai pulito’. Chi lo fa, prima o poi raccoglie i frutti. Quelli che ci sono adesso ai Crabs, e che sono encomiabili e vanno rispettati perché ogni giorno si sbattono, sono pochissimi, lasciati allo sbaraglio e soprattutto non sono, se si escludono rarissimi casi, professionisti.

Ma torniamo al prof. Rinaldi e alle sue selezioni. In pochissimi le passavano, eravamo già a livello ‘post minibasket’, qualcosa che all’epoca contava centinaia e centinaia di anime e adesso fatica ad arrivare a 70 bambini (dai 5 ai 12 anni, sissignori) su un totale, in provincia, di 1320 dei quali 1162 maschi, divisi sui 16 centri attivi.

Prima il Basket Rimini era il sole e gli altri i satelliti. Adesso i Crabs sono l’ultima ruota del carro, a livello di minibasket, che è la base di tutto. Perché un bambino parte da lì, e se poi vede quelli più grandi che faticano a fare una squadra o che vanno in giro uno con una borsa gialla e l’altro con una rossa, allora meglio scegliere altro.

Non c’è programmazione, non c’è appartenenza, non c’è niente. Parliamo di squadre di Eccellenza o comunque ‘maggiori’ a livello giovanile: l’attuale livello è imbarazzante, si perde contro quasi tutte le altre realtà del territorio, alcune fino a qualche anno fa sconosciute..si è ultimi in quasi tutti i tornei dall’Under 20 Eccellenza in giù.

Ci si esalta per essere ‘forti’ (metà classifica) a livello di Under 13 regionali senza pensare che in teoria ci sarebbe un campionato U13 elite a cui non si partecipa!!!!!!

Ma chiariamo un po’ i criteri di valutazione. Un settore giovanile che funziona si misura da tre parametri: minibasket (e qui siamo a zero: NON ESISTE PIU’), risultati delle squadre giovanili principali che potete vedere dagli screenshot delle varie classifiche nell’immagine del post (siamo ai più bassi livelli di sempre, ASSOLUTAMENTE NON PER COLPA DEI RAGAZZI ai quali va il nostro più sincero rispetto) e produzione di giocatori.

Vediamo un po’ di approfondire la terza voce (scusate se dimentichiamo qualcuno): l’era Capicchioni vanta Ariel Filloy in serie A, e scudettato per giunta, e Georgi Sirakov (che fa NE fisso a Brindisi ed a breve andrà a finire in una qualunque serie B), ma poi? In A2 ci sono il prode Giovanni Gasparin (a Imola), Giga Janelidze (a Trieste, ma a Rimini ci ha fatto un anno solo…), Davide Meluzzi (a Tortona 5 minuti a partita, faceva effettivamente brutto tenerlo e cavalcare l’onda di uno degli ultimi riminesi contagiosi) e Yankiel Moreno (a Ferrara), in Serie B Adrian Chiera (a Cento), Norman Hassan (a Venafro, perché chiaramente, uscendo da Rieti, non poteva tornare qui… doveva andare a Venafro!!!!), Lorenzo Panzini (a Cassino, anche lui solo un anno a Rimini), Daniel Perez (a Desio, e ci ha pure messo un ventello abbondante e decisivo contro nel match di andata…), Ygor Biordi (a Catanzaro), Lorenzo Brighi (a Faenza).

Poi ci sono quelle due-tre meteore straniere piovute qui ogni tanto, tipo Dimitar Dimitrov e Matias Bortolin (per citarne due), al massimo utili solo per l’agenzia di procura.

Insomma, quindi? Di questi, solo Meluzzi è nato e cresciuto nel Basket Rimini (cioè, ha fatto tutta la trafila dal minibasket alla prima squadra), gli altri sono stati tutti acquistati… anche perché dopo l’uscita di Carasso nel 2004, Luciano si è trovato un settore giovanile azzerato e per forza di cose ha dovuto rimboccarsi le maniche riuscendo anche ad ottenere buoni risultati (sempre però senza ragazzi del posto, se escludiamo qualche raro caso).

L’errore più grave, casomai, è stato il disinteresse totale per la ricostruzione del minibasket, l’assenza totale di legame col riminese e il continuo disinvestire sugli allenatori.

Negli anni 70-80-90 la produzione di giocatori – e lasciamo perdere Carlton Myers, di lui ce n’è uno ogni 100 mila – era spaventosamente superiore ma soprattutto era COMPLETAMENTE RIMINESE O AUTOCTONA: dimenticando sicuramente qualcuno, citiamo in ordine sparso Franco Ferroni, Renzo Semprini, Max Ruggeri, Bibo Fontana, Marco Grossi, Marcello Palazzi, Massimo Morri, Gianmaria Giovanardi, Andrea Morri, i tre fratelli Panzeri, Fabrizio Bartolini, Federico Molari, Alex Righetti, Marco Scorrano, Alberto Saponi, Tommy Rinaldi, Mauro Morri, Andrea Vitale, Andrea Raschi, Marco Marangoni, Marco Ronci, Matteo Saccani, Ricky Silvestrini, i tre fratelli Benzi, Pierfilippo Rossi, Giorgio Broglia (due anni), Federico Tassinari, Luca Pesaresi, Jack Crow, Luca Bedetti.

Tutti nati e cresciuti nel Basket Rimini, dall’inizio alla fine. La domanda è: perché se allora c’erano decine e decine di riminesi che avrebbero calcato i parquet di A, A2, B1 e B2 (e la B2 di allora vale i primi 4 posti della B di adesso, a star stretti poi), oggi ce ne sono a malapena 3 o 4??

Passiamo, infine, al ‘senso’ che dovrebbe avere un settore giovanile sportivo (e che aveva a Rimini): essere il serbatoio della prima squadra, per farla crescere, farla ‘mitizzare’ (in modo che i bambini sognino di vestire quella maglia!!!), e poi, perché no, ‘incassare’ per reinvestire.

Lo fanno la Virtus Bologna e tante altre società nel basket, lo fanno l’Atalanta e l’Udinese e tanti altri nel calcio. E’ giusto, è legittimo, è necessario, ma l’idea è quella di incassare da giocatori del vivaio locale che però, prima di volare in altri lidi, contribuiscano – proprio come fatto dai vari Benzi, Righetti, Myers, Ferroni, Ruggeri, Morri, Crow, ecc. – alle promozioni in A1 o A2. Non piazzarli a caso, senza un senso, al primo pseudo-offerente in B o C.

Su questa storiella qua, che è fondamentalmente il motivo per cui Lucky continua a tenere in piedi la baracca nonostante, a detta sua (in più conferenze stampa), ci sia una perdita annua costante, torneremo in un altro momento.

Chiudiamo – siccome la società asserisce che in prima squadra giocano i giovani del vivaio – con l’analisi attuale del roster di B: gli unici veramente prodotti o ‘attivi’ del vivaio sono Luca Galassi, Niccolò Moffa, Joel Myers (cresciuto però tra IBR e Angels, ultimi due anni a Rimini, e ‘tecnicamente’ appartenente ad un’altra società) e Giacomo Signorini (acquistato da Cesena all’età di 14 anni).

I primi due manco vedono il campo, il quarto non appena possibile verrà piazzato in qualche posto a caso tipo Ortona, Canicattì o Rovigo.

Non facciamo paragoni con il passato, guardiamo al presente e adesso rispondeteci: se vostro figlio domani vi chiedesse di giocare a pallacanestro, lo mandereste al Basket Rimini?”

Questa sera Matteo Peppucci sarà ospite della Serata Basket della trasmissione “Calcio.Basket”, in diretta su Icaro TV (canale 91) e Radio Icaro (92FM) dalle 22:30 alle 23:05.