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Scuola per tutti, scuola di integrazione

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 15 dic 2017 13:59 ~ ultimo agg. 18 dic 17:01
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Angela, 75 anni, tre anni fa è stata una delle prime a sedersi ai banchi del C.P.I.A. di Rimini. Cosa nasconde questo acronimo? Non un corso di ricamo o di cucina, come verrebbe da pensare guardando all’età di questa signora, ma una scuola statale. Il Centro Provinciale per l’Istruzione degli Adulti anche qui, come in altre province italiane, offre un’opportunità preziosa a tanti italiani che per vari motivi non sono riusciti ad arrivare alla licenza media e a numerosi stranieri che si approcciano allo studio della lingua del BelPaese per ottenere il permesso di soggiorno o, semplicemente, per passione e curiosità.

 

La dirigente, la professoressa Filomena Saggiomo, ne ha di storie da raccontare. Quella di Angela Rinaldi, accennata, è solo una delle più singolari. La signora ha frequentato il Centro nel primo anno di attivazione, il 2014-2015. All’epoca aveva 72 anni. È riuscita in pochi anni, prima ad ottenere la licenza di terza media, poi a fare la maturità all’Alberghiero di Rimini grazie ai crediti che aveva già maturato nella sua esperienza professionale come cuoca. Oggi è iscritta all’università, Filosofia, a Urbino. “Anche la mamma di una mia amica, dopo aver fatto la bidella per una vita, è arrivata alla nostra scuola a settant’anni per ottenere la licenza media.” racconta la dirigente mostrandoci una delle tante foto scattate in questi anni tra i banchi. In una di queste, la signora appare sorridente vicino ad una ragazza sudamericana. Qualcuno potrebbe chiedersi cosa abbiano in comune, o se la donna più giovane sia la badante di quella più anziana. E invece no: compagne di scuola.

 

Uno dei risvolti più belli di questa scuola speciale è proprio il rapporto che si crea tra i suoi studenti. E tra questi e i docenti. Questi sono appena una ventina, impegnati in turni la mattina, pomeriggio e sera. Faticano però, con questo numero, a tenere il passo delle iscrizioni. Molti di loro non si erano mai cimentati, prima, con l’insegnamento della lingua italiana a persone straniere, ma oggi, commenta la dirigente, “sono entusiasti e molti mi dicono che preferiscono fare questo più che insegnare l’inglese”.
I paesi rappresentati sono i più vari. Oltre all’Africa e nord Africa (per i tanti profughi seguiti dalle cooperative, che qui maturano le ore necessarie per i programmi d’accoglienza), non mancano Bangladesh, Pakistan, Iran, perfino Thailandia. Qualcuno ha deciso di iscriversi anche per amore: per fare “colpo” sui genitori della fidanzata o del fidanzato italiano. Qualcuno è arrivato in seguito ad un ricongiungimento familiare.

 

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