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Attualità Provincia

Nuove aree commerciali. Federmoda e Confcommerico raccolgono firme per fermarle

In foto: Zanzini di Federmoda
Zanzini di Federmoda
di Simona Mulazzani   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mer 6 dic 2017 10:35
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I Negozi di vicinato scompaiono e da un giorno all’altro scopriamo che nel nostro territorio arrivano altri due iper. Uno di 12.000 metri quadrati, tra San Giovanni e Cattolica e uno zona Misano, di 32000“.  Anche Federmoda e Confcommercio, per voce del presidente di Federmoda Andrea Zanzini alzano la voce per dire no alla nascita di nuove aree commerciali in provincia e avviano una raccolta di firme tra i tutti i commercianti e gli esercenti della zona. “La ricetta è vecchia e sbagliata. Sarà solo una nuova mega colata di cemento, nociva per ambiente e paesaggio, un’ulteriore aumento del traffico automobilistico, senza alcuna ricaduta economica per il territorio. In sintesi, subiremo l’ennesima ferita urbanistica, economica e sociale.

Obiettivo della raccolta di firme: “fermare un progetto che non migliorerà la vita sociale economica di San Giovanni, Cattolica, Valconca e dell’intera riviera. Una firma per aprire un tavolo pubblico di confronto e discussione tra cittadini, categorie del commercio e amministrazione locale. Il rilancio della nostra economia passa, anche e soprattutto, per la capacità delle Istituzioni di condividere e concertare ogni scelta di sviluppo nel campo del commercio. Esattamente ciò che, colpevolmente, non è avvenuto in questi due casi”

E poi Zanzini fa anche una riflessione sul commercio: “Il Black Friday, in Italia 1 miliardo e mezzo d’euro d’acquisti, è alle spalle. Lieve ricostituente per i piccoli e medi esercizi al dettaglio, meglio per i centri commerciali, boom per vendite on line: + 219% rispetto al 2016 (dati Criteo). Ci avviciniamo al Natale e tra poco partirà anche il nuovo tormentone: saldi, svendite, offerte. Attendiamo la delibera regionale per sapere quando inizieranno e finiranno. Ci auguriamo non ci siano deroghe o permessi speciali entro 30 giorni dall’inizio dei saldi, per questa o quella città. Noi italiani siamo bravissimi a fare eccezione per noi stessi e i nostri interessi personali. Cosa appena rivista nel “venerdì nero”. C’è chi la fatto un giorno, chi due e chi tutto il wekeend, con una corsa precipitosa all’ultimo ribasso. Il problema del commercio al dettaglio, però, non sono prezzi più bassi delle merci ma una crescita dei consumi interni che non arriva. Basta osservare cose succede dentro ai negozi della riviera: code e affollamento zero. L’ufficio studi di Confcommercio lo mette nero su bianco. Nel 2017 l’aumento dei consumi delle famiglie italiane sarà attorno all’1,4%. Nella UE solo Francia (+1,1) e Grecia (+0,9) fanno peggio. Ma quello su cui riflettere è che nonostante le vendite al dettaglio siano in leggera ripresa nei primi 9 mesi di quest’anno (+0,4 per cento), la cosa non vale tutti. Le piccole imprese rimangono al palo, cresce invece la grande distribuzione. Dal 2006 al 2016, il valore delle vendite al dettaglio nell’artigianato e nei piccoli negozi di vicinato, è crollato del 13,1 per cento. Nella GDO, invece, è aumentato del 6,2 per cento. Stessa cosa nei primi 9 mesi di quest’anno: negli Iper vendite con segno + 1,7%, nei piccoli negozi – 0,6 %. La causa non è solo la crisi economica. Il commercio al dettaglio, abbigliamento, moda, alimentari, è stato l’unico settore del nostro Paese sottoposto a liberalizzazione selvaggia. Ordini professionali e altre categorie (farmacisti, taxisti, banche, ecc.) hanno fatto le barricate e ne sono rimasti fuori. Per Bersani e Monti liberalizzare le licenze, cambiare destinazione d’uso senza problema, avrebbe creato un mercato dinamico, favorito la crescita, nuove aperture, avvantaggiato i consumatori. Nessuna ha visto niente di tutto questo. È accaduto il contrario. Ma il vero problema è che nessuno sembra interessato a mettere a tema questo fatto. Nessuna pianificazione o progetto sul commercio di qualità. Nessuna difesa di piccoli e medi esercizi.”.