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Provincia Rimini Social

Le misure alternative alla pena nella cooperazione sociale riminese

di Redazione   
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mar 5 dic 2017 07:11 ~ ultimo agg. 18 dic 16:21
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I percorsi educativi della “giustizia riparativa”, di cui si sente parlare tanto adesso, in realtà trovano la loro prima legittimazione proprio nella Costituzione il cui articolo 27 ribadisce che, “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”. Ci sono poi state alcune norme sul sistema penitenziario, come la legge n. 354 del 1975, che hanno iniziato a fissare anche le modalità della rieducazione del condannato, stabilendo ad esempio che “l’affidato si adoperi per quanto possibile in favore della vittima del suo reato”.

Ma i ‘Lavori di Pubblica Utilità’ hanno trovato soprattutto negli ultimi anni, la loro applicazione più concreta e strutturata. Dall’agosto del 2000 infatti, con l’art. 54 del D.P.R., viene stabilita la possibilità di svolgere prestazioni di lavoro non retribuite a favore della collettività da svolgere presso Stato, regioni, province, comuni o presso enti e organizzazioni di assistenza sociale o volontariato. In particolare la prestazione di lavoro deve essere svolta a favore dei più deboli nel settore della protezione civile, nella tutela del patrimonio pubblico e ambientale. Ecco il motivo per cui, a partire dal 2011, si sono convenzionati diversi enti pubblici e privati, con il Tribunale di Rimini per mettere a disposizione la proprio organizzazione nei confronti di chi, trovandosi in una situazione d’imputazione giudiziaria per guida in stato di ebbrezza, volesse richiedere al giudice di convertire la pena prevista in giornate di lavoro di pubblica utilità.

Dall’elenco delle convenzioni del Tribunale di Rimini (aggiornato al 14 luglio scorso), risulta che sono 58 gli enti convenzioni ad offrire la possibilità dei lavori di pubblica utilità. Tra questi 18 sono cooperative sociali che, avendone i requisiti, si attivano in questa direzione, organizzando un’attività significativa, nel pieno rispetto della propria missione e vocazione sociale.

Si tratta di una possibilità che purtroppo coinvolge molte persone, soprattutto giovani neopatentati, che alla guida di un veicolo devono avere il tasso alcolemico corrispondente a zero, una condizione che vale anche per i conducenti professionali. Non è difficile quindi, anche per chi occasionalmente beve una birra di troppo, avere a che fare con le pesanti sanzioni economiche e quindi con la possibilità di optare per i lavori socialmente utili. Sono tante le famiglie, anche a Rimini, i cui figli si trovano improvvisamente di fronte a questo percorso sconosciuto, impegnate a districarsi fra multe, visite mediche, sentenze, avvocati e pratiche burocratiche spesso lunghe e difficili.

Chi usufruisce maggiormente dei lavori di pubblica utilità sono gli imputati per i reati di cui agli artt. 186 (guida in stato di ebbrezza) e 187 (guida sotto l’effetto di stupefacenti) del Codice della Strada, sempre ché non ricorra l’aggravante di aver provocato un incidente stradale, oppure l’interessato non abbia già prestato lavoro di pubblica utilità in passato. Possono sfruttare questa misura alternativa anche gli imputati per i reati previsti dal dell’art. 73 D.P.R. 309/90 e cioè produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti di lieve entità, nel caso in cui non possa essere concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. Fatta la richiesta, il giudice, può decidere di commutare la sanzione detentiva e pecuniaria in lavori socialmente utili. Con la sentenza di condanna il giudice, anche su suggerimento dell’imputato, individua il tipo di attività e l’ente dove svolgere il lavoro di pubblica utilità. L’elenco degli enti convenzionati è affisso presso le cancellerie di ogni Tribunale e può essere consultato su Internet. L’attività viene svolta nella provincia in cui risiede il condannato e comporta la prestazione di non più di sei ore di lavoro settimanale da svolgere con modalità e tempi che non pregiudichino le esigenze di lavoro, di studio, di famiglia e di salute del condannato. Tuttavia, se il condannato lo richiede, il giudice può ammetterlo a svolgere il lavoro di pubblica utilità per un tempo superiore alle sei ore settimanali; la durata giornaliera della prestazione non può comunque oltrepassare le otto ore.

In pratica i responsabili dei reati come la guida in stato di ebbrezza o di alterazione psico-fisica per l’uso di stupefacenti potranno vedere sostituita la pena detentiva o pecuniaria con un periodo di lavoro di pubblica utilità, consistente nella prestazione di un’attività non retribuita finalizzata alla riabilitazione. Si tratta di un impegno rieducativo e riabilitativo ben conosciuto nel mondo della cooperazione sociale, che in qualche maniera è già strutturata per accogliere queste persone. Anche La Formica, che è iscritta già dal settembre 2011, è tra le imprese riminesi che hanno già rinnovato una volta la convenzione con il Tribunale. Lo scorso settembre infatti, dopo 5 anni, è stata posta la firma di conferma dal presidente Pietro Borghini. Il percorso prevede l’affidamento ad un tutor e l’individuazione di una mansione adeguata, svolta in affiancamento con gli operatori. Per la Formica ciò avviene principalmente nei servizi ambientali, ma anche nel settore delle affissioni pubblicitarie, la segnaletica stradale, o in altre tipologie di servizi. La pena prevista per i reati in questione porterebbe all’applicazione di sanzioni pecuniarie di importi considerevoli, al sequestro dell’auto e al ritiro della patente per un lungo periodo: la possibilità di sostituire la pena con il lavoro di pubblica utilità è un’opportunità positiva, che mira, oltre alla possibilità di ridurre tempi e multe salate, anche ad una vera finalità rieducativa, proponendo un impegno solidaristico utile per tutta la collettività in quanto importante strumento di educazione civica.

 

Dal 2014, anno in cui La Formica ha iniziato, è stata data la possibilità dei lavori di P.U. a 34 persone (di cui 30 uomini e 4 donne) di età compresa dai 50 e i 20 anni, per un totale di oltre 1400 giorni di lavoro dedicati a diverse attività della cooperativa, sempre in affiancamento con operatori esperti. Numeri che a livello provinciale sono più difficili da reperire, in quanto non fanno riferimento ad un solo ufficio giudiziario, perché le richieste possono provenire da tutti gli uffici competenti del territorio nazionale.

Anche per quanto riguarda l’istituto della ‘messa in prova’, la coop Formica ha iniziato un’azione rilevante. Fra il 2015 e il 2016, sono 6 le persone (tutti maschi con età media 45 anni) che, hanno svolto in cooperativa un totale di 164 giorni di lavori socialmente utili. Quella della ‘messa in prova’ è un’altra misura alternativa alla detenzione, stabilita dalla legge 67 del 2014, che prevede sempre la riabilitazione tramite lavori socialmente utili ma che è riferita a diversi tipologie e forme di reati. L’ufficio competente in questo caso è l’U.E.P.E., (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) che a livello provinciale, solo per questo tipo di istituzione ha registrato 113 persone sottoposte a ‘messa alla prova’, di cui 5 nel 2014, 39 nel 2015, 39 nel 2017 e 30 fino al 15 ottobre scorso. Dati aggiornati al 19 ottobre 2017, riferiti alla provincia di Rimini e forniti dall’Ufficio Interdistrettuale Esecuzione Penale Esterna di Bologna.

Alla data del 14 luglio scorso le convenzioni per l’istituto di ‘messa alla prova’ con il Tribunale di Rimini erano 13, tra le quali 9 risultano cooperative sociali del territorio. Enti, associazioni ed imprese sociali che, a partire dal novembre 2015 hanno messo disposizione tutte le mansioni che si svolgono nell’ambito delle proprie attività lavorative, per offrire anche la possibilità a svolgere quest’altra misura di detenzione alternativa.

Si tratta di numeri significativi, che raccontano un’attività ed un impegno sociale non banale, espresso, non solo da La Formica ma anche da tante realtà sociali del territorio riminese. Ne abbiamo parlato con Eleonora Renzi, responsabile ufficio del personale de La Formica.

 

Come avviene il contatto con la cooperativa per i lavori di pubblica utilità?

Per quanto riguarda i lavoro di pubblica utilità, generalmente la persona si presenta direttamente in ufficio da noi, con una mail, inviata personalmente oppure dal suo legale. Ci vengono consegna tutti i documenti necessari, la carta d’identità, il codice fiscale, la vaccinazione antitetanica e di solito il verbale di accertamento delle forze dell’ordine per la violazione commessa, che per il 90% dei casi riguarda la guida in stato di ebbrezza. All’interessato gli viene fornito un chiarimento dettagliato sui diversi aspetti che riguardano il lavoro, l’orario e la tipologia del servizio da svolgere, sempre in affiancamento ad un collega più esperto. Da qui inizia la preparazione dei documenti tra cui la dichiarazione/disponibilità ad accogliere l’interessato per i lavori di pubblica utilità. Questo documento è firmato dal responsabile degli inserimenti lavorativi che coordina il percorso riabilitativo.

 

Quali sono i successivi passaggi della procedura e chi sono i referenti degli uffici giudiziari interessati ?

Il documento / dichiarazione di disponibilità, che ha una validità semestrale, viene inviato al legale che procede con l’iter giudiziario previsto. Quando il giudice arriva alla sentenza, l’interessato torna nei nostri uffici per definire il piano di lavoro, sulla base delle sue esigenze e del monte ore che il giudice gli ha stabilito. Ciò viene formalizzato in un programma di lavoro che comprende date e turni ben definiti, da rispettare in maniera molto rigorosa, salvo piccole eccezioni giustificabili (es. malattia, ecc). Viene stilato un foglio firme, inoltrato in Questura presso l’ufficio anticrimine – della sezione affari generali. Il funzionario di riferimento rilascia un verbale e da lì, fatte le dovute comunicazioni di legge il giorno prima dell’inizio lavori, si può procedere con l’esecuzione del programma.

 

Come si conclude questo percorso di riabilitazione?

Il percorso si conclude con il completamento del servizio e delle ore previste, ciò si desume dal foglio firme, rigorosamente compilato in entrata ed in uscita. A quel punto si prepara il documento di conclusione del progetto. Il tutto è consegnato in questura brevi mano dall’interessato e per posta certificata al suo avvocato. Il funzionario della Questura emette un verbale conclusivo.

 

Quali differenze ci sono, dal punto di vista delle procedure, con l’istituto della ‘messa alla prova’ ?

Sostanzialmente rispetto al discorso precedente non abbiamo a che fare con la Questura ma con l’U.E.P.E., l’Ufficio Esecuzione Penale Esterna. L’iter degli allegati e della redazione dei documenti è pressoché lo stesso, ma cambia il nostro interlocutore per la presentazione del piano di lavoro, e la redazione del foglio firme e del verbale conclusivo. Questa misura alternativa alla detenzione è generalmente prevista per i recidivi. Mi sono capitati anche reati come la frode o il falso in atto pubblico. Un’altra differenza fondamentale è che viene stabilito un monte ore da espletare in un arco temporale definito, ed il calendario è aperto. L’importante è svolgere tante ore quante sono state determinate dall’autorità giudiziaria. Si produce un foglio firme in bianco (senza date vincolati) e in un arco di tempo definito si completa di volta in volta con le date in cui si è svolta la prestazione.

 

Insomma si tratta di vere soluzioni educative ed importanti occasioni di crescita personale, alternative alla detenzione, che già in tanti hanno sperimentato sfruttando l’ampio bacino di accoglienza delle cooperative sociali convenzionate col Tribunale di Rimini. Una prestazione non retribuita in favore della collettività, che coinvolge diverse persone, tra cui tanti giovani, che colgono, non solo la convenienza per una riduzione della sanzione economica legata al reato commesso, ma una possibilità riabilitativa nel pieno rispetto della propria professionalità e della propria attitudine lavorativa.

 

Emiliano Violante