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Medicina del dolore

Ernia discale. Quando operare e quando no

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mar 7 nov 2017 10:23 ~ ultimo agg. 9 ago 15:23
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L’ernia discale è una patologia diffusa, che colpisce la fascia di età tra i 30 e i 60 anni: nella fase dunque più attiva della nostra vita. Colpisce a volte inconsapevolmente, senza sintomi. Ci sono casi in cui le persone si accorgono di averla per caso, magari in occasione di un’esame come la risonanza magnetica.
Cosa fare quando si scopre di soffrirne? Pochi sanno che l’operazione chirurgica molto raramente è necessaria. Il passaggio dal chirurgo è fondamentale ma, fatta la diagnosi, questi il più delle volte deciderà per un percorso che non comprende l’operazione, ma l’intervento di una terapia del dolore farmacologica e fisioterapica. Obiettivo, accompagnare il paziente verso la guarigione, che di solito arriva spontanea dopo un po’ di tempo. Abbiamo rivolto alcune domande sull’argomento al dottor Giuseppe Maida, neurochirurgo, consulente di chirurgia vertebrale per il Poliambulatorio di Medicina del dolore di Rimini.

Cos’è un’ernia discale?
Le vertebre della colonna vertebrale sono da considerarsi anche come un contenitore volto a proteggere le strutture nervose, radicolari e midollari.
E’ chiaro quindi, come ogni patologia a carico delle vertebre, possa creare potenzialmente problemi anche al loro contenuto (al midollo ed alle radici nervose).
L’ernia discale rientra tra queste patologie.
Il disco inter vertebrale è una sorta di cuscinetto posizionato tra i corpi delle vertebre che asseconda il movimento delle stesse e, soprattutto, funge da ammortizzatore, sopportando i carichi della colonna vertebrale. E’ costituito da una porzione centrale più “fluida” e da una porzione periferica più “dura”. In alcuni casi, la porzione centrale può “fuoriuscire” attraverso la porzione periferica ed entrare in conflitto con il midollo (se si tratta di un disco cervicale e/o dorsale) e/o con le radici nervose (in tutti gli altri casi, ovviamente compreso il livello lombo sacrale) determinando, in alcuni casi, una compressione tale da provocare un danno a carico di tali strutture.
Il danno, a sua volta, si manifesterà con un quadro neurologico vario, a seconda che sia compromesso il midollo (difficoltà a muovere i 4 arti o due arti, dolore a carico dei 4 arti o di due arti, alterazioni della sensibilità a carico dei 4 arti o di due arti, disturbi sfinterici) o le radici nervose che decorrono fino agli arti superiori e inferiori (difficoltà a muovere un arto, alterazione della sensibilità a carico di un arto, dolore a carico di un arto, disturbi sfinterici).

Quali possono essere le cause di un’ernia?
Le ragioni per cui si determina un’ernia discale, in realtà, non sono del tutto note.
Certamente, un trauma a carico della colonna vertebrale può provocare un’ernia discale.
Negli altri casi (che sono poi la maggior parte), tuttavia, non è nota la causa principale.
La disidratazione del disco, legata per esempio alla patologia artrosica, può sicuramente essere un fattore importante; tuttavia, è noto come spesso le ernie discali si presentino in persone giovani, anche con una età inferiore ai 20/30 anni, in assenza di una significativa artrosi. Molti studi, in effetti, si stanno orientando verso una serie di cause concomitanti, non ultime quelle legate al profilo genetico.
Più frequentemente le ernie discali interessano il tratto lombare, meno quello cervicale, ancora meno quello dorsale.

Come si fa a diagnosticare un’ernia discale?
È fondamentale rivolgersi al proprio medico di famiglia che, attraverso una visita iniziale, potrà fare una diagnosi “presunta” e, in tal caso, richiedere alcuni esami più specifici, come la risonanza magnetica, consigliando quindi una valutazione specialistica.

Come si curano le ernie discali?
E’ molto importante, per scegliere il percorso terapeutico più adeguato, sapere che la storia naturale delle ernie discali è la guarigione spontanea. Questo significa che le ernie discali, non trattate in alcun modo, tendono a guarire spontaneamente, sia perchè riducono le proprie dimensioni, sia perchè vengono “smaltiti” dall’organismo tutti i prodotti biochimici prodotti dal conflitto tra ernia e tessuto nervoso, prodotti che contribuiscono significativamente alla infiammazione e al dolore.
Inizialmente si potrà considerare una terapia farmacologica e riabilitativa, con lo scopo di eliminare l’infiammazione ed aumentare l’interfaccia tra ernia discale e strutture nervose: una riabilitazione adeguata, “disegnata” su quel caso, effettuata da personale altamente specializzato (soprattutto se si tratta di ernie cervicali e/o dorsali).
Altre volte, in caso di insuccesso, ci si potrà rivolgere ad Algologi (medici del dolore), che provvederanno a somministrare farmaci “in loco”, o a ridurre l’infiammazione con altre tecniche sempre locali, in maniera più “diretta”, così da poter poi intraprendere un percorso riabilitativo.

Quando la chirurgia?
Abbiamo detto che la storia naturale dell’ernia discale è la guarigione spontanea; tuttavia è difficile prevedere in quanto tempo un’ernia discale “guarisca“ spontaneamente e, spesso, l’attesa della guarigione è caratterizzata da lunghi periodi di intenso dolore e dal rischio di subire un danno sia meccanico che biochimico a carico della struttura nervosa.
Solitamente si considerano 4/6 settimane un periodo interlocutorio adeguato di trattamento farmacologico/riabilitativo, prima di giungere alla chirurgia (ovviamente, con il riscontro di un progressivo, anche se lento, miglioramento).
In caso di fallimento, si può considerare una soluzione chirurgica ma non per risolvere il mal di schiena: l’ernia discale va operata prevalentemente per risolvere il conflitto con le strutture nervose, che si manifesta più spesso con il dolore a carico degli arti (la cosiddetta “sciatica “, per esempio nelle ernie lombari “basse”).
La soluzione chirurgica, in questo caso, difficilmente migliorerà il dolore a carico della colonna vertebrale, invece andrà effettuata per “liberare” le strutture nervose e risolvere i sintomi a carico degli arti (sintomi sia midollari che radicolari), impedendo danni secondari a carico delle strutture nervose stesse.

Quando la chirurgia subito?
In casi estremamente selezionati, quando è presente da subito un danno neurologico in evoluzione, un danno neurologico recente. Alcuni esami neurofisiologici (per esempio l’elettromiografia, i potenziali evocati motori e somatosensoriali) possono aiutare a diagnosticare un danno precoce.

Che tipo di intervento chirurgico si può effettuare in caso di ernia discale?
L’intervento più frequente è la discectomia (cioè l’asportazione dell’ernia e di parte del disco), spesso effettuata con tecnica microchirurgica (soprattutto in ambiente neurochirurgico).
La procedura microchirurgica, sempre in anestesia generale, consente di essere mini invasivi, a bassissimo impatto anatomico, con una precoce ripresa delle attività quotidiane e lavorative.
Altre tecniche, sempre mini invasive, possono essere affiancate alla microchirurgia o effettuate in alternativa alla microchirurgia, in casi estremamente selezionati, come per esempio le tecniche endoscopiche. L’ospedalizzazione è di un paio di giorni, il ritorno alla vita quotidiana entro circa 2/3 settimane.
La procedura, tuttavia, non è priva di rischi (come tutti gli interventi chirurgici), ragione per cui va effettuata da chirurghi che pratichino questi interventi con consuetudine ed esperti, magari in centri di chirurgia vertebrale (ortopedici /neurochirurgici).
In alcuni casi, molto raramente, sulla base degli esami pre operatori, si può decidere di posizionare dei sistemi di stabilizzazione vertebrale (per esempio viti peduncolari e barre in titanio), per evitare instabilità vertebrali successive alla procedura chirurgica.

Una volta operata l’ernia può riformarsi?
Va sottolineato, che le ernie discali possono recidivare (cioè riformarsi al medesimo livello operato).
La letteratura non è molto precisa, in tal senso: si parla di una percentuale di recidiva che oscilla tra il 3% ed il 17% dei casi (tuttavia , un 6% di recidiva è una dato generalmente condiviso e credibile).
La recidiva non è un problema legato ad un errore medico.
Quando viene rimossa un’ernia discale per esempio sinistra, viene lasciata in sede porzione del disco controlaterale che, in alcuni casi, può occupare lo spazio lasciato vuoto dall’ernia rimossa e produrre una ulteriore ernia discale.
Allora perchè non asportare tutto il disco? Perchè questa procedura potrebbe produrre delle instabilità vertebrali che richiederebbero degli interventi più invasivi e complessi (la percentuale di recidiva, in effetti, non è tale da giustificare questo tipo di procedura).

Possono esserci altri problemi dopo un intervento su un’ernia?
Altro problema degli interventi di asportazione di un’ernia discale è la cicatrice profonda.
Anche questa non dipende da un errore medico.
Ogni volta che si produce una ferita, il nostro organismo reagisce con una cicatrice che, nel caso di un intervento per ernia discale, può giungere in profondità, fino ad entrare in contatto con la radice nervosa.
In una successiva fase, in cui la cicatrice tende fisiologicamente a contrarsi, si può avere una trazione sulla radice stessa, cosa che può determinare un quadro clinico sovrapponibile al quadro pre operatorio.
Anche in questo caso, la letteratura scientifica non è precisissima: sono credibili le medesime percentuali riportate per la recidiva di ernia.
Sia la recidiva che la cicatrice, quando si formano, non devono essere asportate per forza: valgono le stesse considerazioni fatte per l’ernia discale in generale (in particolare per la cicatrice, poi, bisogna essere molto cauti prima di decidere di asportarla con un reintervento: essendo essa un fenomeno parafisiologico, non vi sono significative garanzie che non si riformi, una volta rimossa).

Perché scegliere una tecnica micro chirurgica piuttosto che una mini invasiva?
Per concludere, si parlava prima di tecnica micro chirurgica /mini invasiva.
Per quanto riguarda la percentuale di recidiva e/o cicatrice, la letteratura scientifica ci dice che non c’è differenza tra la tecnica micro chirurgica e la tecnica senza microscopio: in pratica, sia che si usi il microscopio, sia che si utilizzi una tecnica senza microscopio, la percentuale di recidiva e/o cicatrice è la medesima.
Allora, perchè usare il microscopio?
Perchè la tecnica micro chirurgica è certamente molto meno invasiva, richiede un taglio ed uno scollamento muscolare estremamente ridotti, una perdita ematica intraoperatoria quasi nulla, una alterazione dell’equilibrio meccanico post operatorio della colonna vertebrale estremamente ridotta, un recupero molto precoce.