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Nazionale Rimini Social

Giornata delle persone con sindrome di Down: cosa fare?

di Stefano Rossini   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 6 ott 2017 09:02 ~ ultimo agg. 9 ott 09:12
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Domenica 8 ottobre è la giornata nazionale delle persone con sindrome di Down. Come sempre, quando ci imbattiamo in queste ricorrenze, ci chiediamo: cosa dobbiamo fare durante quelle 24 ore? Fare un sorriso ogni volta ne che incrociamo uno? Oppure fargli una carezza sulla testa? O pensare tutto il tempo a quei poveri ragazzi?

Decidiamo per quest’ultima strada: pensiamo a questi poveri ragazzi. D’altronde non è detto che riusciamo a incontrarne uno per strada. Quali sono le prime cose che ci vengono in mente sui ragazzi down? Si assomigliano tutti, sono sempre affettuosi e di buon umore, sono tutti piccoli, hanno genitori anziani con cui vivono per tutta la loro vita (lunga? Breve? Chi lo sa! Cresciuti oltre una certa età, come i ragazzi che soffrono di autismo, scompaiono dalla società) e si vogliono bene tra di loro.

Questo di norma è tutto quello che ci basta sapere ed è ciò su cui basiamo le nostre relazioni su di loro, guardandoli con un pizzico di paternalismo.

 

Eppure Marco vorrebbe andare a vivere da solo. Non perché non voglia bene a sua madre, anzi, ma perché, come tutti i ragazzi della sua età, sta bene con i coetanei e sente il desiderio di fare della sua vita ciò che vuole.

Michela e Emanuele invece, che convivono insieme a Serena, battibeccano spesso, perché la sera vorrebbero guardare in tv programmi diversi: film romantici lei e Walker Texas Ranger lui. È vero, non si dovrebbe neanche discutere, Chuck Norris vince a mani basse su tutto, però avere una sola televisione per più persone porta per forza a dei compromessi. Ma la tv non è l’unico contenzioso. Lui si lamenta che deve svegliarla tutte le mattine perché entrambi cominciamo a lavorare presto; lei invece è infastidita dal suo tono di voce troppo alto.

Paola li guarda e sorride. Lei vive nell’appartamento vicino e non si fa coinvolgere da queste liti. Però quando è il suo momento di parlare pretende silenzio dagli altri.

Alex e Veronica, invece, lavorano assieme, sono due giovani artigiani, e alla fine del mese aspettano lo stipendio per comprarsi qualcosa di nuovo.

 

Potrà sembrare strano, perché non rispecchiano le risposte che ci siamo dati all’inizio, ma tutte queste persone con un’età variabile tra i 25 e i 39 anni soffrono della sindrome di Down, e hanno in comune non solo l’aspetto, ma anche il desiderio di indipendenza e di vita autonoma, che, nella maggior parte dei casi, è anche il nostro desiderio.

Ci sono associazioni e progetti che li aiutano in questo percorso. Quelli di cui abbiamo brevemente accennato – ma di cui abbiamo parlato già tante volte – sono i progetti di autonomia abitativa Casa per noi e Vita indipendente, e il progetto di lavoro Valemour.

Se servono dei progetti, però, allora da soli non ce la fanno, viene da dire. Sì e no. Se servono dei progetti è perché tutti noi pensiamo che non ce la facciano e quindi non prepariamo neanche le opportunità. Non dobbiamo fare neanche l’errore contrario: pensare che siamo tutti uguali e che nessuno abbia bisogno di aiuto. Però si può evitare di pensare per categorie. Marco, Emanuele, Michela, Paola, Alex e Veronica, sono Marco, Emanuele, Michela, Paola, Alex e Veronica. Non dei ragazzi Down.

Cosa fare l’8 ottobre? Mettiamo da parte il pietismo e lo sguardo da poverini, e la supponenza di sapere cosa pensano e vogliono gli altri. Poi magari passiamo anche al 9 ottobre e continuiamo.