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Blade Runner: bella esperienza vivere nel terrore, vero?

La scorsa settimana ho visto Blade Runner 2049, il sequel del famoso film del 1982. Ma siccome questa non è una rubrica di cinema, non farò la recensione del nuovo film (che comunque mi è piaciuto), ma vorrei parlare del primo. Quello in cui nel finale, l’androide Nexus 6 recita la frase ipercitata: Io ne ho viste cose, che voi umani non potete immaginare… etc. etc.

Poco istanti prima, sul tetto di un palazzo, Deckard, il cacciatore di androidi, sta per precipitare di sotto, e Roy, l’androide, lo guarda dicendo: “Bella esperienza vivere nel terrore, vero? In questo consiste essere uno schiavo“.

A sentirle oggi, queste parole mi hanno colpito. Per anni sono state annullate dalla frase finale, che racchiude in pochi istanti un senso profondo sul dolore della scomparsa. Oggi, in un periodo storico di terrore diffuso e onnipresente, le ho sentite più vicine.

Perché le ho pensate riferite alle nostre vite e a quelle di chi arriva qui dalle rotte che attraversano l’Africa e il vicino Oriente, fino al Mediterraneo e ai Balcani.

Loro terrorizzati dalla paura di perdere la vita, di vedere distrutta la loro casa, la loro storia, di perdere gli affetti. Terrorizzati, e quindi schiavi.

Noi terrorizzati di vederci portare via le sicurezze, le ricchezze accumulate dalle nostre famiglie, la vita, anche, e quindi schiavi anche noi, come loro.

Ognuno con il proprio terrore, spesso alimentato ad arte, ma che alla fine ci porta ad essere schiavi. Schiavi tutti, senza più distinzione di terra, popolo, provenienza o colore della pelle.

Schiavi, che alla fine hanno trovato l’uguaglianza.