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Nuovi profughi: quale accoglienza?

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 26 set 2017 09:50 ~ ultimo agg. 2 ott 12:35
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Lo scandalo scoppiato negli ultimi giorni a Miramare attorno all’ex hotel Landi di via Aprilia, teatro di risse e aggressioni tra gli stessi migranti ospiti della struttura, mostra bene come in gioco non ci sia solo un numero di posti letto, ma soprattutto il tipo di accoglienza che si mette in motore. Proprio quanto avvenuto nell’ex hotel gestito da Immedia Srl, che ospita oggi 26 tra profughi e richiedenti asilo da Nigeria, Senegal, Ghana, Costa D’Avorio e Mali, è l’esempio di quelli che possono essere i rischi di grandi concentrazioni lasciate a sé, con tensioni interne ed esterne, l’opposto di quello che dovrebbe essere un vero modello di integrazione.

In attesa. Ma torniamo alla domanda di partenza: quale accoglienza? Il bando indetto a fine giugno dalla Prefettura di Rimini per l’affidamento del servizio di accoglienza ed assistenza di 1.250 nuovi cittadini stranieri in arrivo sul territorio, è scaduto il 31 luglio ed è ancora in attesa dell’apertura delle buste. La prima seduta pubblica di gara, prevista per il 3 agosto – si legge nel sito dell’Ente – per motivi amministrativi è rinviata a data da destinarsi. Il motivo è noto: il bando è stato disertato da quasi tutte le associazioni e onlus impegnate da anni in materia. Ad esso avrebbero partecipato solo Croce Rossa Italiana e Croce Oro, ma potrebbero essere offerte insufficienti a coprire la richiesta. Parliamo, infatti, di una gara pubblica da quasi 54 milioni di euro (suddivisi in 23 per il capoluogo, 18 per la zona provinciale sud, 12 per quella nord) che prevede l’assegnazione della messa in carico di ben 1.250 profughi, come detto (nello specifico, 543 nel capoluogo, 423 nell’area sud e 284 nell’area nord). Perché le associazioni e onlus più importanti in materia non vi hanno partecipato?
Il 1° agosto, scaduti i termini, queste stesse realtà hanno scritto ed inviato insieme una lettera al Prefetto di Rimini, Gabriella Tramonti, per spiegare le loro motivazioni. Una risposta ufficiale non è ancora arrivata, sebbene l’impressione è che qualcosa si stia muovendo. Parliamo di realtà come l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, Coop. Madonna della Carità (Caritas diocesana), Coop. Centofiori, Associazione Ardea, le coop. CAD, Terre Solidali, Metis, Eucrante, Edith Stein e la ditta Immedia Srl.

Nuovi criteri. “In questi ultimi anni, sull’onda dell’emergenza iniziata a marzo 2014, abbiamo condiviso insieme alla Prefettura di Rimini una modalità di lavoro precisa, basata su un modello di accoglienza diffusa” spiega Luciano Marzi, referente dei progetti di accoglienza della Coop. Madonna della Carità. Un modello indicato proprio da Ministero e Anci (Ass. nazionale Comuni Italiani) che Rimini ha anticipato a livello nazionale. “L’obiettivo era di ospitare queste persone in strutture di piccole e medie dimensioni, non solo fornendo loro vitto e alloggio, ma seguendole in un percorso di progressiva autonomia”. Non solo affrontare tempestivamente problematiche emergenziali, ma favorire un percorso di integrazione. “Per questo sono sempre state evitate situazioni di sovraffollamento ed emarginazione” prosegue Marzi. L’ultimo bando, però, parla di strutture fino a 100 posti. Mai successo. Nel bado precedente si scendeva ad un massimo di 60 posti per struttura. “E’ importante che le disponibilità siano da 2 a 6 posti al massimo o, laddove si tratti di case indipendenti, di 10-12”, spiega Marzi.

 

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