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Cronaca Rimini

Caso di lebbra. La Regione risponde al consigliere Bignami (FI)

In foto: batteri della lebbra
batteri della lebbra
di Simona Mulazzani   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
lun 24 lug 2017 12:13
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Alla fine di aprile destò preoccupazione il caso del giovane infettato dalla lebbra. Il ragazzo, un 29enne nigeriano, domiciliato a Rimini dove lavorava regolarmente, arrivo all’ospedale Infermi il 29 aprile e da subito i sanitari sospettarono che si trattasse di lebbra. Il caso venne segnalato al servizio di Igiene Pubblica dell’Ausl e il 29enne venne trasferito in un centro specializzato di Genova, dove la diagnosi fu confermata e iniziò il trattamento.

Sul caso Galeazzo Bignami, consigliere di Forza Italia, presentò una interrogazione alla Giunta Regionale. Nei giorni scorsi la risposta firmata dall’assessore Venturi in cui si precisa che “il paziente era arrivato in Italia nel luglio del 2014, prima ospite di una cooperativa, poi di una famiglia riminese, sempre sul territorio aveva svolto alcuni lavori. Dal 2014 non è più rientrato nel suo paese.

13 le persone che avevano avuto contatti “domiciliari” con il giovane contattate per il controlli medici. 12 si sono sottoposte alla visita risultando negative, 1 persona, dopo diversi tentativi dell’Ausl, lo scorso 8 giugno ha dichiarato di non volersi sottoporre al controllo. “L’anamnesi, va precisato, era comunque negativa e si presume si sia trasferito all’estero”. Sono in programma controlli annuali per i prossimi cinque anni. Il rischio di casi secondari, fa sapere la Regione, “è trascurabile per la bassa patogenicità del batterio, del lungo periodo di incubazione (5-7 anni di media) e della scarsa carica ambientale” per cui non sono previsti controlli su altri soggetti che non siano domiciliari.

Ogni anno sono 200mila i nuovi casi di lebbra nel mondo soprattutto nei paesi tropicali e subtropicali. In italia i casi annui sono tra i 6 e i 9, quasi totalmente di importazione, o da persone che vivono in paesi endemici o di italiani che hanno viaggiato in quei luoghi.

Tra il 2007 e il 2017 in Emilia-Romagna i casi sono stati 7. L’ultimo risaliva al 15 gennaio 2013. 5 gli stranieri, proveniente da zone a rischio, 2 gli italiani, uno residente in regione, l’altro pugliese, arrivato a Bologna per approfondimenti dall’ospedale di Lecce.