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Assemblea Confindustria Romagna sulla sfida 4.0. Maggioli: aeroporti, bastano Bologna e Rimini

In foto: Paolo Maggioli in assemblea
Paolo Maggioli in assemblea
di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 14 minuti
mer 14 giu 2017 15:58 ~ ultimo agg. 15 giu 13:52
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Si è tenuta oggi all’hotel Palace di Milano Marittima, l’assemblea annuale di Confindustria Romagna dal titolo “4.0 Rivoluzione Digitale Culturale” che ha visto la partecipazione del Presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, del Sindaco e Presidente della Provincia di Ravenna Michele De Pascale, del Sindaco e Presidente della Provincia di Rimini Andrea Gnassi, del Sindaco di Cervia Luca Coffari e del Professor Marco Taisch del Politecnico di Milano.

L’assemblea è arrivata a quasi 9 mesi dalla fusione fra le associazioni territoriali di Ravenna e Rimini. Confindustria Romagna rappresenta oggi oltre 800 associati, dando loro assistenza e servizi.

Nella sua relazione il presidente Paolo Maggioli ha toccato tanti temi. Oltre a quello dell’innovazione anche credito, Carim, turismo (auspicando un cambio di passo di Ravenna) e fiere. E sul tema aeroporti si è detto merabigliato delle nuove “sirene propagandistiche su Forlì”: bastano Rimini e Bologna, ha ribadito.

“Si può davvero dire che il sogno è diventato realtà – ha commentato in apertura di Assemblea il Presidente di Confindustria Romagna Paolo Maggioli – Confindustria Romagna è la risposta ai tempi che cambiano ed è il frutto del grande impegno che ci ha unito. Dal 26 ottobre scorso abbiamo fatto molta strada su un modello organizzativo realmente integrato. Per questo, nel tendere pubblicamente ancora una volta la mano ai colleghi e amici di Forlì Cesena li invito, a non sottovalutare ciò che il percorso fatto da Rimini e Ravenna significa e ciò che quotidianamente stiamo realizzando nel nostro territorio”.

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Il resoconto dell’assemblea (a cura di Confindustria Romagna)

“4.0 RIVOLUZIONE DIGITALE CULTURALE”.

L’assemblea ha voluto creare un’occasione di confronto in una prospettiva non così consueta sul tema d’attualità Industria 4.0. Grazie al piano varato dal Governo per favorire e sostenere la trasformazione digitale delle imprese sono molte le iniziative che fioriscono. Ma la rivoluzione che stiamo vivendo, profonda e veloce, non è solo tecnologica, implica un forte cambiamento di tipo culturale. Un cambiamento in cui globalizzazione e innovazione tecnologica, fino ad oggi preponderanti, sembrano ora fare paura. Un recente studio McKinsey Global Institute valuta che nel giro di vent’anni la metà dei lavori svolti da umani potrebbe essere svolta da automi, ma allo stesso tempo che gli umani saranno fortunatamente sempre indispensabili. Sarà necessario un alto grado di cooperazione tra lavoratori e tecnologia.

Siamo alla vigilia di una trasformazione epocale della nostra società e del concetto stesso di lavoro per come lo abbiamo sino ad adesso inteso. Una tale trasformazione deve essere realmente compresa e sostenuta dalla classe dirigente del Paese perché un cambiamento di questo genere può essere sostenuto solo con un nuovo modo di concepire e vivere la politica.

Dopo anni di delegittimazione, dopo anni di propaganda contro la “casta”, che non ha delegittimato solo i politici corrotti o incapaci ma la politica nella sua complessità, è ora che ci riappropriamo della consapevolezza che la enormità delle sfide che ci attendono presuppone una classe dirigente e politica all’altezza della situazione.

E che quindi non dobbiamo cadere nelle generalizzazioni che tutto semplificano e confondono ma che dobbiamo guardare la realtà attraverso un filtro che gli imprenditori conoscono bene: il MERITO.

RESPONSABILITÀ SOCIALE E VALORE D’IMPRESA

L’Assemblea si svolge nell’ambito del 3° Festival dell’Industria e dei Valori d’Impresa: una iniziativa, ormai a tutti gli effetti romagnola, finalizzata a promuovere verso l’opinione pubblica il valore sociale del fare impresa attraverso un concetto semplice: far entrare le persone nelle nostre aziende, fargliele conoscere direttamente in modo che possano rendersi conto in prima persona di che cosa significa fare impresa di questi tempi.

Confindustria Romagna prova a farlo attraverso il Festival, e i buoni risultati conseguiti inducono a proseguire su questa strada.

SISTEMA ROMAGNA E TERRITORIO

La Romagna deve credere fortemente nella sua identità e si deve proporre unita anche per poter far valere nel rapporto con la Regione Emilia Romagna le proprie peculiarità e contribuire in maniera significativa a fare della nostra regione una forza trainante del Sistema Paese.

Per farlo il territorio deve avere un sistema del credito solido, infrastrutture adeguate ed essere attrattivo.

Credito

Anche in area romagnola, in particolare a Rimini e Forlì-Cesena, è noto che questo mondo continua a trovarsi in una situazione difficile. Banca Carim rappresenta un punto di riferimento per le imprese, per i cittadini, per le famiglie e per lo sviluppo dell’economia di tutto il territorio.Confindustria Romagna aveva accolto positivamente il piano industriale dello scorso anno indirizzato alla crescita e la nuova impronta manageriale data e in caso ci fosse stato un eventuale aumento di capitale, l’Associazione sarebbe stata pronta a partecipare.

Probabilmente è venuta meno definitivamente la possibilità di un unico e forte Istituto Romagnolo, ma anche i grandi istituti nazionali e internazionali possono aiutare a valorizzare e mantenere dinamico il tessuto economico della nostra area. Fra le possibilità emerse quella con più opportunità per un piano industriale di rilancio, sembra essere quella dell’acquisizione di un grande gruppo come Crédit Agricole Cariparma S.p.A. Occorrono risposte in tempi brevi nel rispetto delle garanzie di aziende, soci, correntisti, dipendenti e che non facciano perdere il grande valore sociale e culturale svolto dalla Fondazione Carim.

Ma la forza del sistema produttivo passa anche dalla sua capacità di sviluppare alternative al credito bancario. L’auspicio è che aumenti ad esempio il numero delle imprese romagnole quotate in Borsa, di quelle che guardano con interesse al private equity e che partecipano al Progetto Elite.

Infrastrutture

La partecipazione e il sostegno dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro Settentrionale al Festival dell’Industria è il segnale tangibile della rinnovata collaborazione tra Confindustria Romagna ed un Ente di importanza fondamentale per l’economia del nostro territorio. Di fronte alla complessità della burocrazia italiana è necessario mettere in campo un’azione di forti sinergie per dare rapida soluzione alle questioni che ormai da troppo tempo caratterizzano questo asset.

Italian Exhibition Group si conferma infrastruttura portante. L’unione con la fiera di Vicenza porta il nostro territorio a essere, in campo espositivo, leader in Italia e fortemente competitivo in Europa. IEG è seconda in Italia per fatturato e prima per redditività e manifestazioni con eventi di riferimento a livello mondiale. Molto apprezzabile è in questo quadro l’impegno per la sua internazionalizzazione, con l’obiettivo di divenire un organizzatore di fiere sempre più forte in altri Paesi, a cominciare dalla Cina. Una posizione che sarà consolidata dal piano per la quotazione in borsa.

La speranza è che da parte della Regione si tenga conto della dimensione aziendale ormai raggiunta e della buona gestione fatta in questi anni da Fiera Rimini, uscendo da criteri meramente campanilistici nelle scelte che in questo settore dovranno essere fatte.

Sul tema aeroporti sconcerta che siano ripartite le sirene propagandistiche su quello di Forlì. La convinzione è che l’aeroporto di Bologna e quello di Rimini siano sufficienti e che si debba lavorare per la loro integrazione.

Rimane piena la fiducia nell’operato di AiRiminum. I segnali incoraggianti non mancano e vengono dal bilancio in positivo. In una fase come questa però, in un’ottica di sistema e del fare squadra, sarebbe bene evitare scontri e polemiche. Lo scalo riminese ha tutte le potenzialità per crescere, ma occorre ragionare in un’idea di area vasta, comprendendo l’attività dell’aeroporto in un’idea di turismo a 360 gradi e di co-marketing.

Sul traffico aereo, l’auspicio che nonostante l’interruzione dei collegamenti con la Germania, rimanga fra le scelte strategiche quella di puntare con decisione alla crescita dei flussi verso il Nord Europa.

Le Amministrazioni Locali

Il giudizio sul lavoro dell’Amministrazione Comunale di Rimini è positivo: si apprezza il metodo che ha già portato dei risultati concreti e sicuramente altri ne seguiranno.

Gli imprenditori ravennati attendono ancora un cambio di passo tanto necessario quanto non più rinviabile: ne sono quasi un simbolo i dati di Ravenna sul turismo: in un quadro di crescita generale delle presenze nel nostro Paese, favorite anche dalla delicatezza del contesto internazionale, spiccano non in positivo le performance di una città che ha tutto per fare meglio. Le recenti vicende sui disservizi ai visitatori di un patrimonio culturale inestimabile, con biglietterie improvvisate e bookshop in emergenza, si commentano da sole: cose così non devono accadere.


La relazione del presidente Paolo Maggioli:

Signor Presidente, Autorità, colleghe e colleghi,

grazie per essere qua oggi alla Assemblea Annuale di Confindustria Romagna: nel giugno dello scorso anno svolgemmo in questa stessa sala le assemblee congiunte di Confindustria Ravenna e Unindustria Rimini subito dopo la decisione di fondere le 2 Associazioni proprio per dar vita a Confindustria Romagna, che svolge quindi oggi la sua prima Assemblea Annuale.

Non voglio nascondervi la mia soddisfazione quando penso al percorso che abbiamo fatto: dal 1° ottobre la nuova Associazione è realtà concreta…….vive, opera, tutti i giorni rappresenta i suoi oltre 800 associati e dà loro assistenza e servizi per competere in un mercato sempre più selettivo.

E lo fa sulla base di un modello organizzativo realmente integrato, perché abbiamo scelto di fare una fusione vera e non una mera federazione.

Si può davvero dire che il sogno è diventato realtà, e di questo voglio ringraziare ancora una volta Guido Ottolenghi, per la visione e la determinazione che ha messo in questo progetto; Marco Chimenti e Franco Raffi, i direttori delle 2 associazioni che si sono fuse, per lo spirito di servizio dimostrato; tutti i colleghi componenti degli organi direttivi delle vecchie Associazioni e della nuova, per non averci mai fatto mancare un convinto sostegno anche nei passaggi più complicati.

A proposito di passaggi complicati, non voglio essere ipocrita e quindi, insieme all’orgoglio, non nascondo neppure il rammarico per non aver ancora compiutamente realizzato il mandato che ci è stato conferito dalle Assemblee riunite a Castrocaro il 26 ottobre del 2014: quel giorno infatti era riunita, oltre alle assemblee nelle associazioni di Ravenna e Rimini, anche quella degli associati di Forlì-Cesena, e l’aggregazione doveva coinvolgere anche quella Associazione.

Il mancato raggiungimento di quel risultato ci rattrista molto, ma è dipeso da una scelta del gruppo dirigente di quella Associazione: scelta che ovviamente rispettiamo ma, vorrei ripeterlo ancora una volta, non abbiamo compreso.

I gruppi dirigenti di Ravenna e Rimini ritennero infatti convincente ed adeguato il progetto di fusione messo a punto e, d’intesa con Confindustria, decisero di onorare il mandato ricevuto dalle proprie Assemblee e di andare avanti, dando vita dal 1° ottobre scorso a Confindustria Romagna giungendo passaggio dopo passaggio sino ad oggi: tutto nella vita è perfettibile, per cui naturalmente anche Confindustria Romagna può avere margini di miglioramento, ma il percorso compiuto dagli imprenditori di Ravenna e di Rimini a partire da quel 26 ottobre è la nostra risposta ai tempi che cambiano, al fatto che i nostri associati ci chiedono sempre di più essendo disposti a darci di meno.

Per questo, vorrei invitare ancora una volta colleghi ed amici di Forlì Cesena, nell’interesse dei loro associati, a non sottovalutare ciò che il percorso fatto da Rimini e Ravenna significa e ciò che quotidianamente stiamo realizzando nel nostro territorio; così come li invito a non cedere a sirene che niente hanno a che fare con le radici della Romagna.

Sappiamo bene che nella nostra Regione la riorganizzazione del Sistema Confindustria è solo all’inizio e noi siamo ben disponibili a non fermarci qua, ma in questo percorso la Romagna deve stare forte della sua identità e si deve proporre unita anche per poter far valere nel rapporto con la Regione Emilia Romagna le proprie peculiarità e contribuire in maniera significativa a fare della nostra regione una forza trainante del Sistema Paese.

Permettetemi anche di sottolineare che l’odierna Assemblea si svolge nell’ambito del 3° Festival dell’Industria e dei Valori d’Impresa: una iniziativa, ormai a tutti gli effetti romagnola, finalizzata a promuovere verso l’opinione pubblica il valore sociale del fare impresa attraverso un concetto semplice: far entrare le persone nelle nostre aziende, fargliele conoscere direttamente in modo che possano rendersi conto in prima persona di che cosa significa fare impresa di questi tempi.

Noi proviamo a farlo attraverso il Festival, ed i buoni risultati conseguiti ci inducono a proseguire su questa strada.

Desidero ringraziare pubblicamente Daniele Rossi, Presidente dell’Autorità di Sistema Portuale del Mare Adriatico Centro Settentrionale per aver voluto concretamente sostenere il Festival. La partecipazione del Porto di Ravenna al Festival, attraverso le escursioni in battello rivolte sia alla cittadinanza che agli imprenditori della nostra Regione del 31 maggio scorso, è il segnale tangibile della rinnovata collaborazione tra la nostra Associazione ed un Ente di importanza fondamentale per l’economia del nostro territorio.

Conosciamo Daniele Rossi come un uomo del fare che potrà contare in ogni momento sul fattivo supporto di Confindustria Romagna e degli imprenditori alla stessa associati: di fronte alla complessità che la burocrazia italiana è capace di esprimere, è necessario che analoga disponibilità ci sia da parte di tutte le altre Autorità perché solo così riusciremo a dare rapida soluzione alle questioni che ormai da troppo tempo caratterizzano questo asset fondamentale del nostro territorio.

Prima di entrare nel merito del tema cui abbiamo dedicato l’Assemblea di quest’anno, permettetemi alcune riflessioni su questioni locali, ma di grande rilievo.

Partirei dal credito, perché anche in area Romagnola, mi riferisco in particolare a Rimini e Forlì-Cesena, è noto che questo mondo continua a trovarsi in una situazione difficile.

Ci troviamo davanti ad un momento di cambiamento che parte da scenari internazionali e che coinvolge l’intero Paese per arrivare alla nostra regione.

Da anni seguiamo con grande attenzione le vicende legate a Banca Carim che rappresenta un punto di riferimento per le imprese, per i cittadini, per le famiglie e per lo sviluppo dell’economia di tutto il territorio.

Avevamo accolto positivamente il piano industriale dello scorso anno indirizzato alla crescita e la nuova impronta manageriale data, incominciando dalla composizione del Consiglio di Amministrazione del socio di maggioranza, la Fondazione Cassa di Risparmio di Rimini.

E in caso ci fosse stato un eventuale aumento di capitale, come Associazione saremmo stati pronti a partecipare.

Le cose sono andate diversamente e probabilmente è venuta meno definitivamente la possibilità di un unico e forte Istituto Romagnolo, ma anche i grandi istituti nazionali ed internazionali possono aiutarci a valorizzare e mantenere dinamico il tessuto economico del nostro territorio.

Oggi si sta parlando di nuove soluzioni. Fra le possibilità emerse quella con più opportunità per un piano industriale di rilancio della banca, sembra essere quella dell’acquisizione di un grande gruppo come Crédit Agricole Cariparma S.p.A.

L’importante è che arrivino risposte in tempi brevi nel rispetto delle garanzie di aziende, soci, correntisti, dipendenti.

In particolare l’auspicio è che il nuovo gruppo coniughi l’esigenza di essere di supporto alla Fondazione Carim al fine di permetterle di svolgere ancora la sua encomiabile attività nel sociale e in ambito culturale per lo sviluppo del territorio.

Permettetemi di cogliere questa occasione per dare atto pubblicamente a Banca d’Italia di aver svolto in questi anni un importante lavoro di riparazione della malagestio che ha afflitto diversi istituti locali nel Paese, contribuendo così al risanamento del sistema bancario nazionale, con il condivisibile obiettivo di avere banche più forti che possano dare un sostegno più forte al sistema produttivo.

Non possiamo sottacere però neppure che la forza del sistema produttivo passa anche dalla sua capacità di sviluppare alternative al credito bancario:

la nostra Associazione è fortemente impegnata su questo tema e mi piacerebbe molto ad esempio che aumentasse il numero delle imprese romagnole quotate in Borsa, il numero di quelle che guardano al private equity come ad una opportunità, ma anche quello delle nostre imprese che partecipano al Progetto Elite, che significa crescita senza debito.

Come ha anche recentemente ricordato il Presidente Boccia, se riuscissimo a far partecipare mille imprese al Progetto e ciascuna attirasse 5 milioni, avremmo 5 miliardi di capitali nelle imprese da parte di fondi istituzionali, risorse che diventano investimenti.

Bene, quante di quelle 1000 imprese possono provenire dalla Romagna? Mi piacerebbe molto poter prendere l’impegno che non siano meno di 10……..

Cambiando tema, siamo sempre più convinti che Italian Exhibition Group (IEG) sia una delle infrastrutture portanti del nostro territorio.

L’unione con la fiera di Vicenza è un chiaro esempio, come dimostrano i dati del primo bilancio consolidato 2016 presentato dall’ente fieristico, di fusione strategica e vincente che porta il nostro territorio a essere, in campo espositivo, leader in Italia e fortemente competitivo in Europa.

Oggi IEG è seconda in Italia per fatturato e prima per redditività e manifestazioni con kermesse di riferimento a livello mondiale. Molto apprezzabile è in questo quadro l’impegno per la sua internazionalizzazione, con l’obiettivo di divenire un organizzatore di fiere sempre più forte in altri Paesi, a cominciare dalla Cina. Una posizione che riteniamo sarà sicuramente consolidata dall’eventuale piano per il raggiungimento di una prossima quotazione in borsa.

Auspichiamo fortemente che da parte della Regione si tenga conto della dimensione aziendale ormai raggiunta e della buona gestione fatta in questi anni da Fiera Rimini, uscendo da criteri meramente campanilistici nelle scelte che in questo settore dovranno essere fatte. Sul tema aeroporti sconcerta che siano ripartite le sirene propagandistiche su quello di Forlì. La convinzione è che l’aeroporto di Bologna e quello di Rimini siano sufficienti e che si debba lavorare per la loro integrazione.

Continuiamo ad avere piena fiducia nell’operato di AiRiminum.

I segnali incoraggianti non mancano e vengono dal bilancio in positivo. In una fase come questa però, in un’ottica di sistema e del fare squadra, sarebbe bene evitare scontri e polemiche.

Lo scalo riminese ha tutte le potenzialità per crescere, ma occorre ragionare in un’idea di area vasta, comprendendo l’attività dell’aeroporto in un’idea di turismo a 360 gradi e di co-marketing.

Sul traffico aereo, l’auspicio che nonostante l’interruzione dei collegamenti con la Germania, rimanga fra le scelte strategiche quella di puntare con decisione alla crescita dei flussi verso il Nord Europa.

E a proposito di turismo, non posso non evidenziare la nostra preoccupazione per i dati di Ravenna: in un quadro di crescita generale delle presenze nel nostro Paese, favorite anche dalla delicatezza del contesto internazionale, spiccano non in positivo le performance di una città, e lo dico da riminese, che ha tutto per fare meglio: ma bisogna crederci.

Le recenti vicende sui disservizi ai visitatori di un patrimonio culturale inestimabile, con biglietterie improvvisate e bookshop in emergenza, si commentano da sole: cose così non devono accadere. Più in generale, gli imprenditori ravennati attendono ancora un cambio di passo tanto necessario quanto non più rinviabile.

Permettetemi infine di esprimere un giudizio positivo sul lavoro dell’Amministrazione Comunale di Rimini: ne apprezziamo il metodo che ha già portato dei risultati concreti ed altri, ne siamo certi, ne seguiranno.

Caro Presidente, Autorità, amici ed amiche, abbiamo voluto dedicare l’Assemblea Annuale al tema Industria 4.0 perché è un tema di grande attualità che abbiamo però deciso di affrontare da una prospettiva non così consueta: a tutti è ormai chiaro che siamo di fronte ad una rivoluzione digitale e tecnologica che non può lasciare indifferente neppure le modalità attraverso le quali le nostre industrie producono: qua bene ha fatto il Governo attraverso il Ministro Calenda, che purtroppo non è potuto essere con noi oggi come previsto a causa di impegni istituzionali, a varare un piano volto a favorire e sostenere la trasformazione digitale dei nostri impianti.  Così è tutto un fiorire di iniziative, meritevoli, sugli aspetti tecnologici o fiscali, del piano.

Quello che ci preme è invece soffermarci sulle implicazioni più profonde di questa trasformazione, sugli aspetti culturali di quello che sopraggiungerà, o che ormai è già sopraggiunto.  Perché siamo convinti che la rivoluzione digitale che stiamo vivendo non sia affatto una questione tecnica ma sia anzi un tema profondamente culturale e politico.

Per sostenere questa tesi vorrei partire da un recente articolo di Carlo Stagnaro dal titolo “I robot sono figli della zappa e dell’aratro” in cui immagina un colloquio avvenuto circa 10.000 anni fa a proposito dell’invenzione della zappa e che si conclude così:

“ Questa nuova invenzione, la zappa, distrugge la nostra società, che si basa sul lavoro dei cacciatori e raccoglitori. La zappa, in particolare, fa concorrenza sleale ai raccoglitori. Il suo utilizzo non è sicuro e potrebbe causare feriti o addirittura morti. A causa sua molti raccoglitori perderanno il lavoro e aumenteranno le diseguaglianze. Dobbiamo disciplinarne l’uso e tassarne il possesso”.

Immagino che in America i gestori delle stazioni di posta per i cavalli non ragionassero in termini molto diversi a proposito dell’avvento della ferrovia, o successivamente dell’automobile.

Una eventuale tassa sulla zappa, o sul treno o sull’automobile, non sarebbe stata in realtà né più irrazionale né meno giustificata della tassa sui robot proposta da Bill Gates.

Se suona paradossale è solo perché sappiamo che la zappa, il treno, l’automobile ed ogni altra innovazione tecnologica del passato sono stati un formidabile strumento di progresso economico e sociale.

Quelle innovazioni hanno messo in moto uno straordinario processo evolutivo che ha permesso ad ogni generazione di avere un tenore di vita superiore a quello della generazione che l’ha preceduta.

L’Occidente sembra invece adesso attanagliato dalla paura che si sta diffondendo verso la globalizzazione e l’innovazione tecnologica, due temi fino ad oggi preponderanti ma che ora sembrano lasciare spazio alla paura.

Paura della concorrenza di popoli che hanno dimostrato di saper essere più veloci di noi; paura che i robot, ultima frontiera dell’innovazione tecnologica, possano in qualche modo sostituirci; paura fortemente connessa a recenti vicende di portata storica come la Brexit e l’elezione di Trump.

Ma non dimentichiamo però che la globalizzazione ha sottratto alla povertà circa un miliardo di persone e che non si cresce stando ancorati al passato. La paura si materializza in una spinta regressiva che naturalmente non è nuova nella storia e ci ricorda tanto il colloquio sui pericoli dell’avvento del nuovo immaginato da Stagnaro. Ma se avesse vinto la paura della zappa, o di un’altra grande innovazione, oggi non saremmo quello che siamo.

Tra gli esperti pare prevalere l’idea che nel breve periodo l’automazione, se accompagnata da opportune politiche di sostegno alla formazione ed aggiornamento professionale, potrà essere un fenomeno positivo, perché creerà molta più ricchezza di quanta ne distruggerà, e produrrà anche posti di lavoro più qualificati, interessanti e remunerati.

A conforto di questa tesi si può del resto pensare a quello che è avvenuto con la prima rivoluzione industriale: le macchine hanno mandato a casa molti lavoratori ma creato molti posti di lavoro in più, e soprattutto permesso una diffusione generale del benessere, che a sua volta ha fatto nel tempo sparire l’analfabetismo, la mortalità infantile, e più in generale la vita faticosa e breve che faceva gran parte della popolazione, occupata nel lavoro agricolo.

Di certo il mondo nel corso della storia è sempre cambiato: ciò che sta cambiando è la velocità del cambiamento ed i cambiamenti sono più profondi.

Per quanto per il medio-lungo periodo le previsioni possano essere solo approssimative ed ipotetiche, gli stessi esperti sembrano invece propensi ad immaginare un cambiamento radicale della nostra società, cambiamento che non si potrà risolvere solo attraverso forme di imposizione fiscale o azioni di welfare.

Occorrerà invece un ragionamento completamente nuovo, che investa un nuovo modo di vivere, una nuova organizzazione sociale e culturale.

Occorre un ripensamento profondo dei nostri valori, e con essi delle nostre società e delle nostre istituzioni.

Un recente studio McKinsey Global Institute valuta che nel giro di vent’anni la metà dei lavori svolti da umani potrebbe essere svolta da automi. La trasformazione, si legge nello studio, investirà senz’altro le attività manifatturiere ma non risparmierà neppure i lavori d’ingegno, in quanto i robot non saranno solo in grado di eseguire attività lavorative di routine meglio e più a buon mercato rispetto agli esseri umani ma saranno anche in grado di svolgere attività che includono capacità cognitive una volta considerate come troppo complesse, come prendere decisioni, guidare un’auto.

L’automazione cambierà le attività di tutti, dai minatori ai bancari, dagli stilisti ai saldatori, sino agli amministratori delegati. E tutto questo con un incremento della produttività complessiva, dovuta appunto all’automazione, che sino al 2065 viene stimato potrà variare in una forbice dallo 0.8 all’ 1.4% anno su anno.

Ma fortunatamente gli esseri umani saranno ancora indispensabili: il guadagno in produttività previsto potrà essere raggiunto solo se gli uomini lavoreranno fianco a fianco con le macchine.  Ciò modificherà profondamente il mondo del lavoro: sarà necessario un alto grado di cooperazione tra lavoratori e tecnologia.

Queste trasformazioni ovviamente non riguarderanno solo il mondo del lavoro: occorrerà ripensare radicalmente il modo stesso di vivere dell’uomo in una società in cui è necessario poco lavoro.

Occorre recuperare velocemente questa consapevolezza nella classe dirigente del Paese: perché un tale impegno può essere sostenuto solo con un nuovo modo di concepire e vivere la politica.

Dopo anni di delegittimazione, dopo anni di propaganda contro la “casta”, che non ha delegittimato solo i politici corrotti o incapaci ma la politica nella sua complessità, è ora di riappropriarsi della consapevolezza che la enormità delle sfide che ci attendono presuppone una classe dirigente e politica all’altezza della situazione.

E che quindi non dobbiamo cadere nelle generalizzazioni che tutto semplificano e confondono, ma che dobbiamo guardare la realtà attraverso un filtro che noi imprenditori pure dovremmo conoscere bene : il MERITO.

Questa è la vera rivoluzione.

Grazie