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Umberto, la storia di un piccolo miracolo

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
ven 28 apr 2017 17:45
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Tutto comincia su una pagina proprio de ilPonte, lo scorso dicembre…” è la storia di Umberto, che vive a Rimini, per tre anni, senza casa, dove capita. Poi Simone Santini la racconta sulle pagine de Il Ponte, poi arriva su Scarp de tenis, e anche a Come se fosse facile (video a fondo pagina), e la storia ha una svolta.

 

Ecco il racconto di quello che è successo:

 

Ne uccide più la lingua che la spada, dice il proverbio. Ma questa volta a colpire è stata la penna. Tutto muove dalle idee, e le idee sono prodotte e diffuse dalla scrittura, per questo più incisiva di qualsiasi altra cosa. È, però, altrettanto vero il contrario: la parola può fare male, ma allo stesso tempo può guarire le ferite, può salvare vite. E non è solo bel parlare, è concretezza: ne è una prova vivente Umberto Parigi. Tutto comincia su una pagina proprio de ilPonte, lo scorso dicembre: Umberto è un senza dimora che cerca di arrivare a fine giornata, che si aggira per la stazione di Rimini, che dorme in treno e vive del solo sostegno delle associazioni di volontariato. Non può progettare un futuro più lungo di ventiquattro ore. Rilascia un’intervista nella quale parla di lui e della sua storia, e tutto cambia. La rivista Scarp de’ Tenis, che si occupa di temi sociali a livello nazionale, si interessa alla sua vicenda, e decide di rilanciarla sulle sue pagine, con un approfondimento. La visibilità ottenuta da Umberto realizza il suo piccolo miracolo, sprigionando tutta la potenza del giornalismo.

L’aiuto dei parroci
Le prime mani a tendersi in suo aiuto sono quelle di diverse realtà parrocchiali del territorio: alcuni parroci, che prima non conoscevano Umberto, si propongono di aiutarlo in ogni modo possibile. Gli danno un tetto sotto cui dormire, cibarsi e lavarsi. Soldi, nei momenti peggiori. E ad ogni passo avanti, ad ogni piccolo gradino verso una vita sempre più dignitosa, Umberto chiama alla redazione de ilPonte per aggiornare tutti sulla sua condizione, sui suoi progressi. Oppure, spesso, si reca in redazione personalmente, in carne e ossa, per mostrare la sua lenta ma costante metamorfosi. E l’effetto è potente, colpisce molto di più di una semplice voce al telefono: i vestiti sono sempre gli stessi, ma Umberto ha un’andatura diversa. Così come lo sguardo, rinnovato. Nella sua prima intervista si parlava di uno sguardo che tradiva stanchezza, mentre ora c’è voglia di lottare, speranza. Continuano a passare i giorni e le settimane in questa nuova routine. “Sono un testardo, con le unghie e con i denti uscirò da questa situazione”, ripete Umberto. Finché qualcosa accade.

La svolta
La salita di Umberto continua, e arriva il contatto che cambia tutto: un lavoro. L’aiuto è fondamentale: giornalisti, parroci, volontari delle associazioni, il loro operato è fondamentale, non c’è dubbio. Ma l’unica cosa che può rimettere in carreggiata un uomo, e renderlo autonomo, è il lavoro. Umberto ora ne ha uno: per tutta la stagione estiva che si sta avvicinando, farà il portiere notturno in un residence di Cattolica. Ma non solo. Avrà un tetto sopra la testa, e cibo nello stomaco, tutto pagato. E, più importante ancora, avrà uno stipendio. Umberto può di nuovo vivere, e non più sopravvivere.

 

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