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Corea del Sud: miti, ideali e sogni di un Paese in 41 fotografie

In foto: una delle foto in mostra
una delle foto in mostra
di Sabrina Campanella   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
gio 13 apr 2017 11:05 ~ ultimo agg. 17 apr 15:00
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Filippo Venturi ha documentato la cultura contemporanea della Corea del Sud. Così miti e sogni collettivi intossicano di ansie e stress il lifestyle del Paese. 

Personalmente sapevo ben poco della Corea, fino a ieri. Oggi, invece, avrei voglia di partire con destinazione Seoul. E’ stato il documentario fotografico del giovane Filippo Venturi a farmi venire voglia di comprendere, da vicino e di persona, una cultura tanto differente e lontana da quelle occidentali che conosco.  Lui, giovane fotografo cesenate, in Corea ci è stato nel 2015 una quindicina di giorni proprio con la stessa intenzione.  Questa sua esperienza, costruita con precisione scientifica nelle tappe e negli obiettivi,  è diventato un’indagine sociologica e poi una mostra. “Made in Korea”, dopo aver viaggiato tra Londra, Modena e Roma, è approdata a Forlì (Palazzo del Monte di Pietà, Corso G. Garibaldi). Questi sono gli orari di apertura per visitarla, l’ingresso è gratuito.

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Corea: il Paese che vive alla ricerca della perfezione

Dopo secoli di povertà, isolamento e arretratezza, la Corea del Sud ha iniziato, negli anni ’60, la sua corsa per recuperare il tempo perduto e conquistare un posto di tutto rispetto nel mondo. Come? Andando alla ricerca della perfezione.  Ai giovani vengono trasmessi e imposti standard altissimi a partire dall’ambito scolastico. In Corea, mi spiega Filippo Venturi accompagnandomi nella visita della mostra, il messaggio che arriva ai ragazzi è chiaro ed esigente. Concedendosi 3 ore di riposo a notte si potrà ambire ad entrare nelle migliori università del Paese, passaporto per successivi traguardi professionali prestigiosi. Se le ore salgono a quattro non si potrà aspirare, invece, che ad un’università qualunque. E se si superano si rimarrà, in pratica, dei nessuno.

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La vita delle nuove generazioni, dunque, si consuma nella dimensione principale delle biblioteche, palestre intellettuali per raggiungere la miglior performance in nome della perfezione, direzione illusoria verso la felicità. “Una persona senza istruzione è come una bella persone che non indossa abiti”, recita un proverbio locale. Senso del dovere e istruzione sono tra i principi cardine insegnati ai ragazzi dalle famiglie.

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Un popolo senza identità e senza sorriso: il primato della Corea del Sud

Il modello culturale imposto attualmente in Corea viaggia su binari rigidi e rigorosi. Filippo Venturi lo ritrae, ad esempio, attraverso uno scatto catturato in una stazione della metropolitana (foto in alto) o mettendo nel suo obiettivo grattacieli che assomigliano più ad alveari o a prigioni che a case. Non c’è spazio né per muoversi né per distinguersi, la traiettoria da seguire è precisa e netta. In nome di un’omologazione assoluta è un lifestyle che non conosce libertà, ma solo ossequio. Conformarsi significa anche inseguire un’ossessiva perfezione sul piano fisico, oltre che su quello intellettuale.

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Le conseguenze impattano l’estetica: sono 13,3 ogni 100o abitanti, a Seoul, gli interventi di chirurgia plastica mediamente effettuati, il più alto numero pro-capite al mondo. Il regalo più diffuso per il compimento dei 18 anni da parte dei genitori ai figli è l’intervento agli occhi, che devono perdere quella meravigliosa forma a mandorla, tratto identitario ritenuto da cancellare. Persino il sorriso rinuncia alla sua spontaneità, unica e personale. L’ultima moda si chiama “smile lipt”, cioè una correzione chirurgica verso l’alto degli angoli della bocca che garantisce un’espressione sempre, apparentemente, appagata. Secondo gli ideali culturali locali questo contribuirà al successo dei figli.

Corea del Sud: miti, ideali e sogni di un Paese in 41 fotografie

Alcol, realtà virtuale e suicidi: le vie di fuga in Corea del Sud

Ogni traguardo ha un prezzo da pagare. Se in cinquant’anni la Corea del Sud, da Paese arretrato, è diventato tra i più avanzati al mondo, la rincorsa sfrenata al progresso non è stata priva di effetti collaterali per le persone. Così, giovani e adulti, vomitano pubblicamente stress insieme all’alcol, nella cui ebbrezza ricercano, ogni volta che se lo possono permettere, un finto momentaneo sollievo. “Quando non lavorano” mi spiega Venturi “i coreani spesso festeggiano gli ultimi affari conclusi bevendo soju, la bevanda nazionale. Normalmente sono gli stessi capi che trascinano i dipendenti a bere e rifiutare i vari giri di soju è considerato scortese”. Nonostante sia bevuta praticamente solo in Corea , il soju nel 2011 è risultato il superalcolico più venduto al mondo.

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Fuggono dalla difficile ed esigente realtà rifugiandosi nei mondi virtuali costruiti per loro (ma anche per noi occidentali) da colossi tecnologici coreani come Samsung che dà lavoro a 750mila persone, più di quanto Google ed Apple, insieme, hanno ad oggi raggiunto in termini di risorse umane impiegate. I giovani, come gli adulti, si chiudono in p.c. room asettiche e senza luce naturale dove perdono la cognizione del tempo e il contatto con la realtà che fuori li attende, senza sconti.mostra-corea

 

Sono frequentate indifferentemente da ragazzi e ragazze, uomini e donne, e sono fonte di  grande isolamento sociale. Tra gli effetti collaterali dello stress anche l’elevatissimo numero di suicidi, 43 al giorno. La Corea tra i primi Paesi al mondo per morte auto-generata su deliberata volontà.

Filippo Venturi: l’autore di Made in Korea

Classe 1980, Filippo Venturi ha iniziato fotografando sport. Scattava foto a una squadra di rugby spontaneamente dalle tribune durante le partite. Sette anni dopo le sue immagini sono arrivate su grandi testate italiane e internazionali. “Sono nato digitale e rimango digitale” mi dice “ma faccio pochissima post- produzione”.

 

Spesso a ispirarlo è il contesto e, allora, aspetta paziente che passi il soggetto che gli piace. E’ questo il caso, per esempio, della foto di copertina di questo articolo, scattata in una biblioteca di Seoul. “La rigidità della posa è tutta della ragazza. Io l’ho trovata perfetta, come i colori che indossava rispetto al contesto, come sintesi visiva per il mio progetto”. Filippo Venturi, pur se  da pochi anni ha iniziato il suo viaggio nel mondo della fotografia, pare destinato a fare lunga strada. Già numerosi i premi e i riconoscimenti portati a casa. E, personalmente, credo che se li meriti tutti. E se fate un salto a Forlì c’è un’altra bella mostra in corso: sul blog trovate almeno quattro buoni motivi per non perdersela.

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Da mytrolleyblog

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