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Cultura Santarcangelo

Si è spento Tullio De Mauro, cittadino onorario di Santarcangelo

In foto: la cerimonia a Santarcangelo
la cerimonia a Santarcangelo
di Maurizio Ceccarini   
Tempo di lettura lettura: 5 minuti
gio 5 gen 2017 13:13 ~ ultimo agg. 15:46
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Si è spento a 84 anni Tullio De Mauro. Linguista, docente universitario, saggista. Era stato Ministro della Pubblica istruzione dal 2000 al 2001 ed era presidente della Fondazione Bellonci, che organizza il premio Strega. Nel 2016 il Comune di Santarcangelo lo aveva insignito della cittadinanza onoraria con una cerimonia che si era tenuta lo scorso marzo nella sala del Consiglio comunale. Il conferimento avvenne nell’ambito delle “Giornate per Tonino” organizzate per il celebrare 96° anniversario della nascita di Maestro. De Mauro torno poi a Santarcangelo per un intervento al Supercinema nell’ambito del Cantiere Poetico.

Il video della cerimonia:


La nota dell’Amministrazione Comunale di Santarcangelo:

Nel 1973 De Mauro era stato tra i protagonisti del “Seminario popolare su Tonino Guerra e la poesia dialettale romagnola” organizzato nella Rocca Malatestiana di Santarcangelo dalla biblioteca comunale. La sua partecipazione e il suo intervento avevano segnato la presa di coscienza, per il nostro territorio e per il mondo accademico italiano, del fenomeno culturale rappresentato dal “Circolo del giudizio” e dal gruppo di poeti dialettali che ne facevano parte. Da qui la scelta di conferire al professore la cittadinanza onoraria santarcangionele nel 96° anniversario della nascita di Tonino Guerra, con le seguenti motivazioni: Tullio De Mauro rappresenta uno dei più importanti linguisti italiani. Ha diretto il Dipartimento di Scienze del Linguaggio nella Facoltà di Filosofia e successivamente il Dipartimento di Studi Filologici Linguistici e Letterari nella Facoltà di Scienze Umanistiche dell’Università La Sapienza di Roma, che ha contribuito a fondare. Nel 1973 è stato tra i protagonisti del “Seminario popolare su Tonino Guerra e la poesia dialettale romagnola” organizzato a Santarcangelo dalla biblioteca comunale. La sua partecipazione e il suo intervento hanno segnato la presa di coscienza, per il nostro territorio e per il mondo accademico italiano, del fenomeno culturale rappresentato dal “Circolo del giudizio” e dal gruppo di poeti dialettali che ne facevano parte.

“Ci lascia uno degli ultimi grandi intellettuali del nostro tempo – afferma il sindaco e assessore alla Cultura Alice Parma – uno studioso che ci ha insegnato con semplicità e profondità a conoscere la lingua per capire il mondo. Tutti dovremmo essere grati a Tullio De Mauro, perché oltre alla riscoperta e valorizzazione dei dialetti che lo ha legato anche a Santarcangelo, negli anni ha portato avanti uno studio del linguaggio attento e mai banale, spiegando con parole alla portata di tutti quelle evoluzioni dell’italiano che sono inevitabilmente riflesso dei mutamenti della nostra società. Il professor De Mauro voleva bene a Santarcangelo, tanto che dopo la cittadinanza onoraria era tornato nel mese di settembre, per riscoprire una città rinnovatasi nel corso dei decenni ma rimasta comunque fedele alle sue radici culturali. Il nostro dispiacere per questa notizia è grande quanto la sorpresa – conclude il sindaco – visto che avevamo sentito il professore il mese scorso per scambiarci gli auguri di buone feste”.

In occasione della cerimonia per il conferimento della cittadinanza onoraria, il professor De Mauro era intervenuto sul tema “Realtà e forza delle radici dialettali nella cultura italiana: ieri, oggi, domani. Ripensando al seminario di Santarcangelo nel 1973”. L’intervento integrale è disponibile sul canale YouTube dell’Amministrazione comunale, mentre di seguito ne riportiamo una sintesi: “Per cominciare a capire che significato ha la tradizione dialettale – ha detto in sostanza Tullio De Mauro – dobbiamo partire da cosa intendiamo per cultura, perché ciò che chiamiamo cultura, sostantivo singolare, è qualcosa di complicato: c’è la cultura della vita materiale, quotidiana, che chiamiamo cultura della sopravvivenza; la cultura delle tecniche, relativa a quello che sappiamo fare e costruire; poi c’è la cultura ‘alta’, quella del sapere scientifico, della letteratura e della filosofia, quella che si definisce la cultura per eccellenza. E quindi chiamiamo ‘colto’ chi ha una vasta conoscenza della cultura alta, che conosce filosofi, romanzieri, poeti, registi, artisti. Ma le cose non stanno così, perché tutti condividono la cultura nel senso più ampio, la cultura come insieme di tutto ciò che abbiamo costruito nella storia, comprese le cose più elementari a cui partecipano tutti gli esseri umani. Ciò che chiamiamo dialetto, tutti i dialetti, hanno avuto a che fare con i diversi strati della cultura italiana, sono stati la realtà a cui affidavamo i nostri pensieri, per vivere insieme. Una presenza quotidiana, costante: abbiamo convissuto con i nostri dialetti, mentre l’italiano, per lungo tempo, è stato una realtà estranea, una realtà di scuola, specialmente nelle forme in cui ci veniva proposta. Un dialetto eletto a lingua nazionale: il toscano, più precisamente il fiorentino, che la scuola aveva il compito di diffondere tra la popolazione, sradicando i dialetti. Questa battaglia è durata a lungo dopo l’unificazione del Paese: ancora nel dopoguerra, nei programmi scolastici era scritto che l’insegnante poteva tollerare ‘qualche parola’ dialettale da parte degli alunni, ma niente di più. E anche la cultura letteraria non era aperta a riconoscere l’importanza dei dialetti: oggi ricordiamo Croce, Gramsci e Contini, che davano già allora pieno riconoscimento al dialetto, ma il loro pensiero era controcorrente. Le cose cominciano a cambiare solo negli anni Sessanta, anche grazie all’uso che il cinema e la letteratura facevano dei dialetti. Si iniziava a capire che i dialetti erano in grado di ‘dire’ alcune cose meglio dell’italiano, e lo sono ancora, sono più radicati nel presente di quanto non si creda, anche se periodicamente qualcuno sostiene che i dialetti stanno per morire. Questa tesi viene ripetuta da decenni, il che significa che in qualche modo i dialetti continuano a vivere. In quel movimento composito cominciato negli anni Sessanta si inserisce anche l’esperienza santarcangiolese, il seminario messo in piedi da Rina Macrelli raccogliendo il progetto della scuola serale e l’idea di Tonino Guerra. Un mescolarsi di spinte che ha portato Rina a ideare un seminario da subito diventato un punto di riferimento importante, per incoraggiare studiosi e insegnanti alla riscoperta del dialetto”.

Si è spento Tullio De Mauro, cittadino onorario di SantarcangeloTullio De Mauro (Torre Annunziata, Napoli, 1932) – Linguista e filosofo del linguaggio italiano, si è occupato soprattutto di linguistica generale, con attenzione al rapporto tra lingua e società. Laureatosi in Lettere classiche con A. Pagliaro nel 1956, ha insegnato nelle Università di Napoli, Chieti, Palermo e Salerno. Professore ordinario di Filosofia del linguaggio presso l’Università di Roma “La Sapienza” (1974-1996), dal 1996 è stato ordinario di Linguistica generale presso la stessa Università. Nel 1966 è stato tra i fondatori della Società di linguistica italiana, di cui è stato anche presidente (1969-73). È stato consigliere della Regione Lazio (1975-80), membro del Consiglio di amministrazione dell’Università di Roma (1981-85), delegato per la didattica del rettore (1986-88) e presidente della Istituzione biblioteche e centri culturali di Roma (1996-97). Dal 2000 al 2001 è stato ministro della Pubblica Istruzione nel governo Amato. Nel 2001 è stato nominato dal presidente della Repubblica Cavaliere di Gran Croce al Merito della Repubblica Italiana. Per l’insieme delle sue attività di ricerca, l’accademia nazionale dei Lincei gli ha attribuito nel 2006 il premio della Presidenza della Repubblica. Nel 2008 gli è stato conferito l’Honorary Doctorate dall’Università di Waseda (Tokyo). Dopo i primi contributi nel campo dell’indoeuropeistica, si è dedicato alla linguistica generale con un ampio commento storico-interpretativo al Cours de linguistique générale di F. de Saussure (1967) e con numerosi studi di semantica teorica e storica. Ha inoltre indagato gli aspetti linguistico-culturali della società italiana dopo l’unità nella sua Storia linguistica dell’Italia unita (1963). Negli anni più recenti si è dedicato maggiormente agli studi sociologici, indagando le connessioni tra lo sviluppo dei sistemi comunicativi e l’evoluzione della civiltà moderna (Guida all’uso delle parole, 1980; Minisemantica dei linguaggi non-verbali e delle lingue, 1982; Ai margini del linguaggio, 1984). Questa metodologia di studio lo ha portato in seguito a coordinare la preparazione di un nuovo dizionario dell’italiano contemporaneo. Ha proseguito l’attività di saggista negli anni Novanta con la pubblicazione di testi quali: Lessico di frequenza dell’italiano parlato (1993, in collab.), Capire le parole (1994), Idee per il governo: la scuola (1995), Linguistica elementare (1998); successivamente ha pubblicato Prima lezione sul linguaggio (2002), La fabbrica delle parole (2005), Parole di giorni lontani (2006), Lezioni di linguistica teorica (2008), In principio c’era la parola? (2009), Parole di giorni un po’ meno lontani (2012), La lingua batte dove il dente duole (con A. Camilleri, 2013) e In Europa son già 103. Troppe lingue per una democrazia? (2014). Ha anche curato il DAIC. Dizionario avanzato dell’italiano corrente (1997), il Dizionario della lingua italiana (2000), il Dizionario etimologico (con M. Mancini, 2000) e il Dizionario delle parole straniere nella lingua italiana (con M. Mancini, 2001). Intensa anche la sua attività pubblicistica: ha collaborato, tra l’altro, con Il Mondo (1956-64) e L’Espresso (1981-90). Fonte: Enciclopedia Treccani online.

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