Indietro
menu
Economia Provincia

Un piccolo imprenditore lavora fino a metà agosto solo per pagare le tasse

di Andrea Polazzi   
Tempo di lettura lettura: 6 minuti
gio 15 dic 2016 14:00 ~ ultimo agg. 16 dic 11:52
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 6 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Nella migliore delle ipotesi un lavoratore riminese, dipendente in questo caso, dovrà lavorare fino ai primi di luglio solo per pagare le tasse. Lo rileva, dati alla mano, la Fondazione dei dottori commercialisti di Rimini che ha preso in esame tre tipologie di lavoratori. Prima di addentrarci nei dettagli, una premessa: non si tratta di un problema riminese ma di un peso fiscale che attanaglia storicamente tutta l’Italia. La pressione tributaria ufficiale nel 2014 si è attestata al 43,5% ma, calcolandola al netto del sommerso (cioè di chi non paga), arriva al 52,2%.

Ma veniamo ai nostri tre lavoratori riminesi. Tutti risiedono nel Comune di Rimini, fanno parte di un nucleo familiare composto da tre persone: il capofamiglia, la moglie, fiscalmente non a carico e un figlio che frequenta l’università. I primi due, dipendenti, percepiscono 14 mensilità. Tutti e tre possiedono una casa di proprietà, un’autovettura di media cilindrata (1.400 cc) e provano a risparmiare il 10% del loro reddito. In famiglia hanno tre telefoni cellulari.

. Il primo è Mario, impiegato con un reddito medio mensile netto in busta paga di 1.300 euro che porta ad un reddito annuale di 18.200 (24.500 lordi). Tra imposte dirette come l’Irpef (16,2%) e contributi a suo carico, la pressione fiscale arriva al 25,4% del reddito lordo. Ma a fare la differenza solo le imposte indirette, quelle come l’Iva, il canone Rai, le accise della benzina, i ticket sanitari, che si portano via un’altra cospicua fetta di reddito. Tanto che la pressione fiscale effettiva si innalza al 51,5%: ogni mese i vari enti impositori prelevano dalle tasche di Mario 1.050 euro lasciandogliene 990 di reddito disponibile. Mario lavora fino al 6 luglio per pagare le tasse (187 giorni).

. Tocca adesso a Giovanni che è un dipendente con mansioni qualificate che gli permettono di avere un reddito medio mensile netto in busta di 2.500 euro per un reddito annuale di 35mila euro (56.300 lordi). Per lui le imposte dirette incidono per il 29,2% del reddito lordo e con l’aggiunta dei contributi si arriva ad una pressione fiscale del 38,4%. Arriva poi il carico delle imposte indirette che porta la pressione effettiva al 54%. A Giovanni ogni mese restano in tasca 2.133 euro a fronte di prelievi per 2.500. Ogni anno lavora fino al 18 luglio per pagare le imposte (199 giorni). 

. Chi se la passa peggio di tutti è però il lavoratore autonomo, il povero Marco. Un piccolo imprenditore che dalla propria attività ottiene un reddito netto di 24.500 euro. A conti fatti per lui la pressione fiscale complessiva, tra tasse dirette, indirette e contributi, arriva al 63%. Marco lascia ogni mese allo Stato 1.285 euro, potendone destinare ai propri consumi solo 756. Gli ci vorranno 229 giorni di lavoro per pagare le tasse che si traduce in oltre 7 mesi di lavoro (17 agosto) prima di poter mettere qualcosa da parte.

“Rilanciamo l’urlo disperato dei contribuenti – commenta il Prof. Giuseppe Savioli, Presidente della Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini – anche quest’anno sottoposti ad un prelievo umiliante. Persiste un modello che esclude ogni ipotesi di crescita, con le Amministrazioni che mostrano l’incapacità di immaginare politiche di sviluppo, di agire per rendere più efficiente e utile il loro supporto a cittadini e imprese, e ancor meno di mettere insieme risultati concreti nel contrasto dell’evasione fiscale. Anche quest’anno abbiamo allargato l’analisi al reddito d’impresa e si conferma il giudizio dello scorso anno: in questo quadro è impossibile trovare qualsiasi motivazione per accollarsi il rischio dell’avvio di nuove attività imprenditoriali”.

[kaltura-widget uiconfid=”30012024″ entryid=”0_zrtfx8mf” width=”400″ height=”145″ /]


 

I dettagli nella nota stampa della Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini

l fisco ‘uccide’ i redditi ed umilia il lavoro. Non si può dire altrimenti se si riconduce Ad estrema sintesi lo studio che anche quest’anno la Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini ha condotto per indagare il reale impatto del fisco sul redidto dei lavoratori italiani e riminesi.

Incrociando le oltre 100 tasse con gli stili di vita e le ipotesi di consumo desunte dai dati ISTAT, emerge come il quotidiano impegno dei lavoratori dipendenti e autonomi sia stritolato da un fisco opprimente.

“Rilanciamo l’urlo disperato dei contribuenti – commenta il Prof. Giuseppe Savioli, Presidente della Fondazione dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Rimini – anche quest’anno sottoposti ad un prelievo umiliante. Persiste un modello che esclude ogni ipotesi di crescita, con le Amministrazioni che mostrano l’incapacità di immaginare politiche di sviluppo, di agire per rendere più efficiente e utile il loro supporto a cittadini e imprese, e ancor meno di mettere insieme risultati concreti nel contrasto dell’evasione fiscale. Anche quest’anno abbiamo allargato l’analisi al reddito d’impresa e si conferma il giudizio dello scorso anno: in questo quadro è impossibile trovare qualsiasi motivazione per accollarsi il rischio dell’avvio di nuove attività imprenditoriali”.

Mario, Giovanni e Marco risiedono nel Comune di Rimini, fanno parte di un nucleo familiare composto da tre persone: il capofamiglia, la moglie, fiscalmente non a carico e un figlio che frequenta l’università. I primi due, dipendenti, percepiscono 14 mensilità. Tutti e tre possiedono una casa di proprietà, un’autovettura di media cilindrata (1.400 cc) e provano a risparmiare il 10% del loro reddito. In famiglia hanno tre telefoni cellulari.

LE TASSE DI MARIO
Mario è un impiegato con un reddito medio mensile netto in busta paga di 1.300 euro. Il suo reddito è di 18.200 euro.
La pressione tributaria per imposte dirette è del 16,2% del reddito complessivo lordo. La pressione fiscale inclusiva anche dei contributi assistenziali e previdenziali è del 25,4% del reddito complessivo lordo. Il peso fiscale sopportato dalla famiglia per imposte indirette è di 6.382 euro. In questa cifra hanno gran peso voci come sanità (495 euro) e istruzione (1.720 euro), quasi due mensilità.
La pressione fiscale, comprensiva dei contributi a carico del lavoratore, arriva al 51,5%.
Ciò significa che il suo reddito netto spendibile si riduce al 48,5% del reddito lordo ritraibile dalla sua attività lavorativa. Ogni mese i vari enti impositori prelevano dalle sue tasche circa 1.050,00 Euro, lasciandogli un reddito netto mensile disponibile di soli Euro 990,00 circa.
Le risorse sono drenate al contribuente Mario dallo Stato per il 72,1%, dalle regioni con il 4,3% dalla provincia con l’1,3%, dal comune con il 4,4% e dall’Inps per il 17,8%.
Riassumendo: il Sig. Mario vive con 1.300,00 netti mensili in busta paga (prima quindi di assolvere le imposte indirette) devolve per prelievi fiscali per 12.606 euro all’anno, ossia 1.050 euro mensili, ossia 187 giorni all’anno del proprio lavoro (un giorno in meno dello scorso anno!). Considerando una settimana lavorativa di cinque giorni, significano 37.7 settimane.

Quest’anno Mario ha lavorato fino al 6 luglio per pagare le tasse

LE TASSE DI GIOVANNI
Giovanni è un dipendente con mansioni più qualificate, con un reddito medio mensile netto in busta paga di 2.500 euro. Il suo reddito è di 35.000 euro
La pressione tributaria per imposte dirette è del 29,2% del reddito complessivo lordo. La pressione fiscale inclusiva anche dei contributi assistenziali e previdenziali è del 38,4 % del reddito complessivo lordo.
Il peso fiscale sopportato dalla famiglia per imposte indirette è di 9.108 euro. In questa cifra incidono con peso rilevante i trasporti (2.563 euro), l’istruzione (1.977 euro), la casa (1.177 euro) e salute (565 euro).
La pressione fiscale, comprensiva dei contributi a carico del lavoratore, supera il 54%. Ciò significa che il suo reddito netto spendibile si riduce al 45,45% del reddito lordo ritraibile dalla sua attività lavorativa
Ogni mese i vari enti impositori prelevano dalle sue tasche oltre 2.500,00 Euro, lasciandogli un reddito netto mensile spendibile di soli Euro 2.133,00 circa.
Le risorse sono drenate al contribuente Giovanni dallo Stato per il 77,02 %, dalle regioni con il 3,49 % dalla provincia, con lo 0,54%, dal comune con il 2,08% e dall’Inps per il 16,87%.
Riassumendo: il Sig. Giovanni ha un reddito di 2.500 netti mensili in busta paga (prima quindi di assolvere le imposte indirette), devolve per prelievi fiscali per 30.730 Euro all’anno, ossia 2.561 euro mensili, ossia 199 giorni all’anno del proprio lavoro (esattamente come lo scorso anno!). Considerando una settimana lavorativa di cinque giorni, significano 39.8 settimane.

Quest’anno ha lavorato fino al 18 luglio per pagare le tasse

LE TASSE DI MARCO
Marco è un piccolo imprenditore che ritrae dalla propria attività un reddito netto pari a quello dei dipendenti in precedenza esaminati: 24.500 euro.
Non sono considerate, per amor di patria, le singole imposte che l’imprenditore ha già assolto nello svolgimento della propria attività d’impresa quali, ad esempio, il diritto annuale di iscrizione alla CCIAA, il contributo obbligatorio al CONAI, l’imposta di bollo sui libri contabili, eventuali tasse ed accise su carburanti, energia elettrica, assicurazioni ed altro utilizzate per lo svolgimento della propria attività e neppure l’IRAP.
Andando a considerare anche le imposte indirette, che il sig. Marco assolve consumando il proprio reddito esattamente come il dipendente Marco, si nota come la pressione tributaria salga al 40,2% e la pressione fiscale complessiva esploda sino a portare l’entità di imposte e contributi prelevati dallo stato al 63%, come evidenziato nella successiva tabella, cioè al livello di due circa i due terzi.
Ciò significa che il reddito spendibile si riduce al 37% del reddito lordo ritraibile dall’attività lavorativa e che il sig. Marco lascerà ogni mese allo stato ben Euro 1.280, potendo destinare ai propri consumi personali solo la somma di Euro 761.
Il sig. Marco lascerà perciò ogni mese allo stato ben Euro 1.285, potendo destinare ai propri consumi personali solo la somma di Euro 756.
In altre parole, il sig. Marco lavorerà per ben 229 giorni all’anno, per poter pagare le imposte (come lo scorso anno!). Considerando una settimana lavorativa di cinque giorni, significano 45.8 settimane.

Quest’anno ha lavorato fino al 17 agosto per pagare le tasse (come lo scorso anno).