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Migramed, quale accoglienza?

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
sab 26 nov 2016 08:14 ~ ultimo agg. 25 nov 15:20
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Quest’anno Migramed, l’incontro di Caritas italiana con le Caritas europee che si è svolto lo scorso giovedì 24 novembre, è stato organizzato come una visita-studio sulle frontiere, con tema centrale la chiusura della cosiddetta “rotta balcanica”; l’incontro è stato ospitato dalla Caritas di Gorizia con trasferte presso le Caritas di Austria e Slovenia.

La chiusura della frontiera greco-macedone nel marzo 2016 ha rappresentato il picco più drammatico della strada che vari Paesi hanno scelto per affrontare le nuove migrazioni, ossia la costruzione di barriere ai confini per impedire il passaggio delle persone. La conseguente concentrazione di decine di migliaia di sfollati, bloccati in Grecia dalle barriere, nel campo profughi di Idomeni, il successivo sgombero forzato del campo e il trasferimento dei migranti ad altri campi profughi greci (in particolare a Salonicco e al Pireo) hanno tragicamente evidenziato l’incapacità europea di affrontare la sfida migratoria con politiche comuni.

La barriera voluta dalla Macedonia si è aggiunta a quelle ai confini serbo-ungherese, croato-ungherese, greco-turco e bulgaro-turco, e ha di poco preceduto gli annunci di Austria e Regno Unito riguardanti la costruzione di nuovi muri. Nel frattempo, nel marzo 2016 si è stipulato anche l’accordo fra UE e Turchia, che nei fatti ha esternalizzato la gestione dei flussi migratori ad un Paese extra-europeo che non aveva dato garanzie circa il rispetto delle libertà civili, e ha reso alta la probabilità (sembra già concretizzata) che si verifichino deportazioni di richiedenti asilo verso la Turchia.

Nonostante il numero di esuli entrati in Europa dalla frontiera greca sia drasticamente diminuito nel 2016 (erano 166.000 nei primi 9 mesi dell’anno, in confronto ai 385.000 dello stesso periodo del 2015), la questione riguarda un numero molto importante di persone. La scelta di chiudere i confini ha rivelato l’inadeguatezza delle politiche di accoglienza di molti Paesi europei e la mancanza di volontà rispetto al progettarne di nuove.

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