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Rimini Scuola

Pasto da casa e telecamere negli asili: regolamenti e perplessità

In foto: un'immagine dei maltrattamenti
un'immagine dei maltrattamenti
di Simona Mulazzani   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 25 ott 2016 13:31
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Nell’arco di due settimane sarà pronta una proposta di regolamento per gestire nelle scuole di Rimini la possibilità di portare da casa il pasto da sostituire al servizio mensa. A dirlo l’assessore alla Scuola Mattia Morolli questa mattina al termine di un incontro con dirigenti dell’ Unità operativa Igiene degli alimenti e nutrizione dell’Ausl. “Rimini è la prima città in Romagna a muoversi per dare risposta ad un problema che nelle ultime settimane ha suscitato molto dibattito al livello nazionale” anche se in realtà a Rimini è bassa la richiesta da parte delle famiglie di menù personalizzati.

L’obiettivo – spiega l’assessore  – è prevenire l’insorgere di criticità. Ci sarà un confronto con i dirigenti scolastici su un tema delicato su i diversi piani, da quello organizzativo a quello sanitario, coinvolti.

La nostra intenzione è quella di definire un rapporto diretto con le famiglie e i loro bambini nella totale disponibilità nella ricerca di soluzioni comuni che tengano conto di tutti gli elementi in campo e con l’obiettivo finale di garantire, oltre al rispetto delle varie scelte alimentari o religiose, la corretta alimentazione dei ragazzi“.

L’assessore Morolli è intervenuto in modo critico anche sull’iniziativa parlamentare per dotare le scuole di telecamere.

Già il pensiero che un luogo in cui si stanno formando i nostri figli nel momento più delicato della loro crescita possa essere teatro di violenze lo riteniamo inaccettabile“.

Non perché si possa negarne l’esistenza, ma è l’idea di pensare di risolvere un problema, che in primo luogo crediamo debba essere basato sul rapporto fiduciario insegnante – famiglie, con l’installazione aula per aula di sistemi di videosorveglianza H24 che troviamo non coerente“.

E quale potrebbe essere il rapporto di fiducia e collaborazione con gli operatori, a cui affidiamo ogni mattina i nostri figli, se l’unica difesa da possibili violenze saranno le telecamere? Gestite da chi? Con quali criteri? E con quali ripercussioni nel rapporto educativo insegnante – alunno? Può la cultura del ‘Grande fratello’ sostituire le relazioni, la fiducia, le esperienze positive? Tutti temi che, senza negare episodi anche gravissimi successi, ci auguriamo trovino nel dibattito al Senato per l’approvazione definitiva della legge un approfondimento non emotivo che a nostro avviso, andrebbe ad alterare indelebilmente quel patto di fiducia e collaborazione che crediamo debba esistere tra operatori e famiglie.”