Il riscatto, la più bella disciplina olimpica
Michael Phelps era un bambino e un adolescente iperattivo e problematico. La sua insegnante sosteneva che non sarebbe mai stato in grado di focalizzarsi su qualcosa. È il più grande nuotatore di tutti i tempi, il più titolato nella storia delle olimpiadi moderne.
Rafaela Silva è cresciuta in una favela a Rio: oggi nella sua città indossa al collo l’oro olimpico nel judo. «Spero di essere di esempio ai bambini che vivono ancora nelle favelas», ha dichiarato dopo la vittoria.
Kayla Harrison festeggia la sua vittoria con la t-shirt “Fearless”, contro gli abusi sessuali, di cui lei stessa è stata vittima, per incoraggiare altre ragazze nella sua situazione.
La campionessa Simone Biles volteggia come una libellula, anche se è cresciuta senza i suoi genitori, vivendo in affido dai nonni, tra mille difficoltà.
E poi Chris Mears che, pur senza la milza e con anni di lotta contro una malattia che sembrava lasciarlo senza speranza, vince l’oro nei tuffi. Kathleen Baker, medaglia d’argento nel dorso, che convive con il morbo di Chron. Lawrence Brittain, secondo posto nel canottaggio, nonostante un cancro ai linfonodi.
O Yusra Mardini, che il mare ha dovuto attraversarlo a nuoto per salvarsi la vita e fuggire dalla Siria, e oggi gareggia nella squadra olimpica dei rifugiati, istituita quest’anno per la prima volta nella storia dei giochi.
Anche la prima medaglia d’oro italiana alle olimpiadi nasconde una storia difficile: Fabio Basile era un bambino dislessico, dal temperamento irrequieto ma grazie allo sport ha trovato un’alternativa alla strada e a brutte esperienze.
Sono solo alcune storie, ma certo possono dirci qualcosa. Non per trasformare i vincitori in “casi sociali” o fenomeni da guardare con pietismo. Tutt’altro. Sono storie che ci dicono che, malgrado i giochi di potere e gli errori, lo sport può ancora essere uno straordinario mezzo di salvezza e di riscatto. Le Olimpiadi di Rio sono state l’occasione per ricordarcelo.
[E, occhio, perché tra poco inizia il vero spettacolo. Se non ci credete, guardate questo video.]