Indietro
menu
Rimini Rimini Social

Campagna contro lo sfruttamento del lavoro nel turismo

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: < 1 minuto
lun 22 ago 2016 10:41
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura < 1 minuto
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Proseguono le attività dell’Associazione Rumori sinistri per la Campagna contro lo sfruttamento del lavoro nel settore turistico. Secondo quanto detto dall’Associazione, sono già diverse le telefonate ricevute al numero  349 9745299.

“Interessante il dato che fino ad ora ci hanno contattato lavoratori stagionali italiani molto eterogenei come età con situazioni contrattuali e lavorative molto diversificate ma che denotano almeno due elementi sostanziali – si legge nel comunicato stampa di Rumori Sinistri – Il primo è che si riconferma una modalità di organizzazione della produzione nel turismo che già conoscevamo e avevamo denunciato, 11 – 12 ore di lavoro senza giorno libero e con mansioni multiple/tutto fare. Secondo che le tipologie contrattuali dall’apprendistato, al full-time, al part-time si accompagnano a gravi irregolarità nei pagamenti degli extra o straordinari dove spesso vengono utilizzati i voucher (lavoro grigio).

L’altro elemento non meno importante, riscontrato nelle prime telefonate, è la riluttanza anche solo nell’incontrarsi per approfondire la situazione. Il ricatto della perdita di lavoro è ancora più violento del passato. Spesso è emerso, infatti, in alcuni colloqui telefonici che quel lavoro o quel contratto rappresentano l’unica entrata economica della famiglia”.

 

Un altro dato interessante che si evince è che spesso sono mogli o mariti che chiamano per conto del proprio congiunto, oppure i genitori per i figli in apprendistato.

“È cresciuta forse una maggiora consapevolezza nelle persone che le condizioni di lavoro nel turismo presentano spesso condizioni di sfruttamento diffuso? Comprendiamo la paura di perdere il posto di lavoro ma che vita è questa, quale futuro è possibile con condizioni di lavoro modello asiatico?”