Indietro
menu
Rimini Rimini Social

Vado in pensione... che succederà?

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 3 minuti
gio 26 mag 2016 08:55 ~ ultimo agg. 27 mag 13:01
Facebook Whatsapp Telegram Twitter
Print Friendly, PDF & Email
Tempo di lettura 3 min
Facebook Twitter
Print Friendly, PDF & Email

Il pensionamento rappresenta una delle tante tappe evolutive dell’essere umano, quindi è un passaggio naturale. L’individuo deve raggiungere un nuovo equilibrio psico-fisico-sociale, mettendo in atto le sue capacità di resilienza, di affrontare cioè le avversità della vita. Il pensionamento porta a dover ristrutturare l’esistenza, riordinando il proprio passato ma non nei termini di un futuro possibile, come accade nelle altre crisi vitali.
L’individuo costruisce una rappresentazione di sé basata sui ruoli che ha nella società e, in base a questi, sviluppa  la sua sicurezza. Quindi la crisi in questa fase della vita, è più sentita in quelle persone che sostengono la propria identità con il ruolo lavorativo. Si manifesta infatti molto spesso nell’uomo moderno l’incapacità di vivere serenamente l’inattività, come se fosse un “dovere” quello di dimostrare a sé stessi e agli altri di fare qualcosa, che non ci si può fermare, che avere “tante cose da fare” è bello e rende in qualche modo delle persone “migliori”.
Non tutti infatti riescono a godersi questo periodo come avevano previsto. Questo vale soprattutto per chi aveva posto la propria attività lavorativa al centro della sua quotidianità e quindi “vivere senza” può comportare una perdita di autostima: “Che ruolo ho ormai? Che farò?”.
Stati d’animo come questi possono degenerare in tristezza e melanconia diffuse legate al sentirsi ormai esclusi dal mondo produttivo, e, di conseguenza, “inutili”.

 

In alcuni casi poi la pensione è stata una scelta forzata dovuta a cause di forza maggiore; in questo caso la cessazione della vita lavorativa è forse la più negativa, perché si vive il pensionamento come qualcosa di ingiusto, come una imposizione ed una esclusione dal mondo produttivo che arrivano “troppo presto” rispetto ad una percezione di sé come di persone ancora pienamente “attive”; anche questa condizione può generare rabbia, frustrazione e depressioni.
Quando gli individui giungono all’età del pensionamento, la società e le istituzioni non si preoccupano di offrire un “apprendistato al  pensionamento”. Dopo un periodo più o meno lungo, può  insorgere nell’individuo un senso di malessere, un vissuto di perdita, come quello che si vive nel lutto o in un trauma. In quanto vengono a mancare all’individuo i consueti punti di riferimento spazio-temporali: senza il lavoro le giornate si trasformano in lunghe ore da occupare e da riempire con interessi, hobby ecc. Il lavoro inoltre garantiva scambi relazionali con i colleghi e un ruolo sociale la cui perdita può determinare un vissuto depressivo.

 

Si cade, così, in uno stato di profonda tristezza e apatia, in cui si perde interesse per noi stessi e per quello che ci circonda, perdendo fiducia nelle proprie possibilità. Viene rilevata spesso una svalutazione di se stessi, una mancanza di autostima, una grande ansia, una stanchezza permanente e un senso di inutilità rispetto a qualsiasi azione od evento.
Come si può prevenire tutto ciò?
Innanzitutto rendere le aspettative sul pensionamento più realistiche e concrete, senza fermarsi a pensare che sarà un bel periodo e basta. Potrà infatti essere un bel periodo se già qualche mese prima iniziamo a pensare, progettare e predisporre concretamente quello che vorremmo fare quando finalmente ne avremo la possibilità. Meglio se le attività che scegliamo sono quelle che desideriamo fare da tempo e se prevedono la presenza di altre persone, ad esempio: iscriversi a corsi artistici, sportivi ecc.., incontrare amici, dipingere, suonare uno strumento, fare volontariato, progettare e fare qualche gita o un viaggio.

 

La necessità di promuovere un invecchiamento fisicamente attivo e di sviluppare interventi che promuovano stili di vita attivi è riconosciuta da tanti interlocutori sul versante scientifico e socio-sanitario. Se necessario chiedere aiuto ad uno psicologo; in questi casi l’intervento psicologico ha l’obiettivo di aiutare la persona a vivere il pensionamento come un momento transitorio in cui assume un ruolo di primaria importanza la memoria, cioè il resoconto della propria vita e così si possa allora rielaborare il percorso che si è fatto fino a quel momento: cioè fare un rendiconto del percorso effettuato per continuare a mantenere quell’autostima o addirittura potenziarla.
E’ fondamentale infine, superare l’idea che essere in pensione significhi essere pensionato dalla vita!!!!

 

Dottoressa Erica Zaghini
Servizio Liberamente Cooperativa Sociale Il Millepiedi