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Rimini Scuola

Bambini maltrattati. Il mondo della scuola chiede rispetto

In foto: foto Carabinieri Rimini
foto Carabinieri Rimini
di Redazione   
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mar 26 apr 2016 16:06 ~ ultimo agg. 27 apr 10:50
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Sul tema dei bambini maltrattati da espressioni diverse del mondo della scuola arrivano prese di posizione che chiedono, invece di reazioni emotive e cacce alle streghe, il rispetto del lavoro e di chi lavora nelle strutture scolastiche. Premesso che quello che è accaduto non doveva succedere, da Elisabetta Morolli, segretario della Funzione Pubblica della CGIL di Rimini, la delusione per la risposta dell’Amministrazione Comunale alla vicenda. La Morolli ricorda la battaglia del sindacato a tutela delle professioni ritenute usuranti e come l’esternalizzazione dei servizi possa essere una minaccia.

Chi ha sbagliato deve pagare, dice Lorella Camporesi, dirigente scolastico delle scuole del centro storico, che difende il personale scolastico che lavora in modo professionale di fronte a “reazioni di pancia”. Con la richiesta di più attente valutazioni in ingresso e in itinere e l’auspicio che il personale possa essere messo in condizione di lavorare bene.

Contro l’ipotesi delle telecamere anche il docente universitario riminese Giampaolo Proni che invita a non cedere alla cultura del sospetto e della diffidenza. Possibilista sulle telecamere, ma a determinate condizioni, Paola Ferrari, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Bullismo e Doping.


 

L’intervento di Lorella Camporesi (da Facebook)

A Rimini si raccolgono le firme per mettere le telecamere negli asili. Lo dichiaro pubblicamente: non mi viene in mente un’idea più demenziale.
Sapete quante sono le scuole (solo quelle statali) in Italia? Più di 8.000. E poi ci sono tutte le scuole comunali.
E poi tutte le altre scuole paritarie.
A fronte di questa marea di professionisti che lavorano ogni giorno con i nostri figli, quanti sono gli episodi come quello incriminato? Se facciamo una percentuale, ci accorgiamo che è molto più probabile che un bambino venga morso da un cane per strada, venga punto da un’ape in giardino, scivoli scendendo dal letto, venga coinvolto in un incidente d’auto… perfino che venga molestato da qualche membro della propria famiglia… e potrei continuare a lungo.
Per sgomberare il campo da equivoci: chi ha sbagliato deve pagare. E sempre per sgomberare il campo: la scuola in questione è una comunale e non ha nulla a che fare con le scuole statali che dirigo (casomai a qualcuno venisse in mente il conflitto d’interesse).
Quello che mi preoccupa è la paranoia genitoriale diffusa, la cultura dell’ipercontrollo, la sfiducia nella professionalità di persone che ogni giorno invece ne dimostrano tanta.
Chiediamo piuttosto che ci sia una selezione seria in ingresso e che ci sia una valutazione seria in itinere, durante la vita lavorativa.
Ma non chiediamo di vivere e far vivere i nostri figli dentro un Grande Fratello (e mi riferisco non al becero programma televisivo ma al libro di Orwell, che forse qualcuno non ha letto e farebbe bene a leggere).
Chiediamo piuttosto che gli insegnanti, che svolgono un’occupazione a grande rischio di stress da lavoro correlato, vengano messi in condizione di lavorare bene e serenamente con i loro alunni, piuttosto che trattarli come potenziali pazzi da tenere in stato di sorveglianza speciale.
Quale lavoratore vorrebbe essere trattato in questo modo? Disprezzato e svalutato al punto da dover essere monitorato costantemente?
E chi dovrebbe poi visionare tutti i filmati? E chi controllerebbe colui che visiona?E qualcuno non dovrebbe controllare i tecnici che montano le telecamere? E poi cos’altro ancora?
O forse è piuttosto il caso di cominciare a controllare l’ansia incontrollata? E cominciare a riflettere, anziché rispondere con reazioni di pancia a qualunque evento?


 

L’intervento di Elisabetta Morolli (FP Cgil)

Oggi sento sulla pelle la frustrazione, la rabbia, il dolore, la delusione delle insegnanti, delle educatrici, delle ausiliarie e collaboratrici dei Servizi educativi della prima infanzia del Comune di Rimini. In questi giorni, dopo che il filmato dell’insegnante che maltrattava i bambini ha fatto il giro dei social e la notizia è stata pubblicata da tutti i media, nessuno ha pensato, ha detto una parola per loro, anzi, è iniziata la caccia alle streghe. Il fatto scoperto, anzi, riscoperto qualche giorno fa e il video che lo documenta non lasciano dubbi: quell’insegnante non doveva essere lì e quello che è accaduto non doveva succedere. Nel 2010 vi fu una denuncia da parte di una collega e l’insegnate fu spostata in biblioteca dopo una sospensione di 10 giorni. Poi, inspiegabilmente, ritornò a scuola. Sono state necessarie altre denunce, sempre dal personale che lavorava nella scuola a far scattare l’operazione messa in atto dai Carabinieri. Al contempo, la soluzione prospettata da chi amministra è la diffusione dell’uso delle telecamere, come dei sostituti a poco prezzo di chi dovrebbe vigilare e dirigere.

Ma superata la reazione iniziale, ci saremmo aspettati una presa in carico diversa del problema, da parte di chi dirige e di chi amministra, anche perché stiamo parlando di oltre 50 anni di qualificata storia educativa e di cultura dell’infanzia nella nostra provincia che rischiano di essere spazzati via non da questo fatto, ma dalle normative attuali che, tra l’altro, non favoriscono nuove assunzioni, e dal venir meno delle politiche di Welfare pubblico.
I tratti fondamentali dell’educazione delle bambine e dei bambini dalla nascita ai 6 anni devono trovare una correlazione tra valori e pratiche educative, la storia delle nostre scuole d’infanzia e dei Nidi promuove e sostiene lo sviluppo e le potenzialità di tutte le bambine e bambini nel rispetto di tutte le diversità offrendo loro un contesto di socialità positiva e ricco di opportunità culturali. Questa attività, svolta quotidianamente da chi opera nei servizi, questo lavoro, questa professione, costa fatica, dedizione, mette in gioco ogni giorno sentimenti, professionalità, emozioni, competenze, abilità non scontate e ha bisogno di essere adeguatamente sostenuto. Invece, la minaccia dell’esternalizzazione dei Servizi educativi della prima infanzia è sempre dietro l’angolo. Attenzione, non si parla di sistema integrato pubblico/privato, che presupporrebbe una forte capacità gestionale ed organizzativa da parte del Pubblico, ma si parla di appalti o, come già accade da 6 anni, si continua ad affidare la gestione di due nidi comunali all’Asp Valloni Marecchia, garantendo al personale educativo e non, solo contratti a tempo determinato, quando, con altre scelte organizzative e politiche, il personale potrebbe essere assunto a tempo indeterminato.

La FP CGIL si batte da anni perché tra i lavori usuranti vengano riconosciuti anche quelli delle professioni sanitarie, degli operatori dei servizi socio assistenziali, degli educatori e insegnanti.
Il 24 maggio è stato proclamato lo Sciopero unitario regionale per il rinnovo del Contratto del Pubblico Impiego, della Sanità pubblica e privata, fermo ormai da 7 anni e per il Terzo settore. Saremo a Bologna a manifestare non solo per il rinnovo del contratto nazionale di lavoro, ma anche per affermare il valore del lavoro pubblico, di un sistema integrato che dia e mantenga Servizi di qualità ai cittadini nel rispetto di chi nei Servizi lavora. Chiediamo rispetto e dignità. #contrattosubito


 

L’intervento del professor Giampaolo Proni:

A Rimini si raccolgono firme per mettere videocamere nelle scuole materne, dopo un episodio di maltrattamento di bambini da parte di una maestra. Credo che sia importante opporsi a questa tendenza al controllo, dettata dalla paura e sfruttata dalla politica. Conosco diverse maestre e sono persone straordinarie, che fanno un lavoro difficile e sempre più ostacolato dalla cultura del sospetto e della diffidenza. Media e politici sfruttano le nostre paure per diffondere la sfiducia tra le persone e raccogliere la fiducia in loro e attrarre attenzione.

La maggior parte delle persone sono gente perbene, onesta, cittadini bravi e laboriosi, che cercano di rispettare gli altri con immensa fatica e poca gratitudine. Maestre incluse, anzi, in prima linea. In Italia da anni si diffonde una cultura del sospetto e del ‘tutti contro tutti’, favorita da uno Stato per il quale ognuno di noi per principio è colpevole. Così, tutti i lavoratori autonomi sono evasori, le maestre seviziano i bambini, gli anziani che carezzano i piccoli sono pedofili, nelle discoteche si va per drogarsi, gli infermieri fanno fuori i pazienti, i medici sono al servizio delle case farmaceutiche, i politici sono tutti ladri, i preti sono pedofili pure loro, gli immigrati sono clandestini, eccetera.

Vogliamo finire in uno Stato dove tutti sono sorvegliati dalle telecamere, per strada, sul lavoro e magari in casa? Prego le madri e i padri di pensare a quello che fanno: chi di telecamere ferisce di telecamere perirà. Piuttosto, chiediamo che chi accede alla professione di educatore sia valutato seriamente e seguito dai dirigenti per verificare se lo stress gli ha creato problemi sul lavoro. Evitiamo di punire tutti per le colpe di uno solo. Questo è un principio disumano e ingiusto, che porta a una società disgregata e soffocante. Io mi fido delle maestre e affido loro mia figlia con fiducia. La sua serenità mi basta per capire la qualità del loro lavoro.


 

Paola Ferrari, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Bullismo e Doping:

Sulla richiesta delle mamme di Rimini di installare le telecamere nelle scuole, interviene anche Paola Ferrari, Presidente dell’Osservatorio Nazionale Bullismo e Doping.

“Quella promossa dalle ‘Mamme di Rimini’, che scenderanno in piazza per chiedere di installare le telecamere dentro gli asili, è sicuramente un’iniziativa che non va ignorata perchè spia di un malessere che tutti, istituzioni in primis, non possiamo ignorare. Personalmente ritengo che l’utilizzo delle telecamere negli asili, così come nei centri per l’accoglienza di disabili e anziani, possa rappresentare uno degli strumenti da mettere in campo per prevenire abusi e maltrattamenti a danno dei soggetti più fragili della nostra società. Occorre farlo con prudenza e responsabilità per garantire non solo il rispetto della privacy, ma anche la necessità di non condizionare, in negativo, il lavoro educativo degli insegnanti, degli assistenti sociali e degli educatori.
A determinate condizioni, in altre parole, le telecamere possono rappresentare uno strumento valido. Tra queste condizioni deve figurare il rispetto delle norme sul lavoro in termini di riservatezza: le aree sottoposte a sorveglianza vanno quindi indicate con appositi cartelli. Voglio però sottolineare l’importanza del lavoro di prevenzione, che è cruciale in questi ambiti, e passa per una formazione adeguata del personale che ogni giorno ha a che fare con‎ bambini, disabili e anziani”.‎