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La famiglia lunga del giovane adulto

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 4 minuti
gio 3 mar 2016 07:36 ~ ultimo agg. 7 mar 09:10
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Uno dei fenomeni più tipici che interessano la famiglia contemporanea e le varie “forme” di famiglia attualmente esistenti, è costituito dalla permanenza prolungata dei giovani all’interno delle proprie famiglie. In particolare ci si riferisce a coloro i quali convivono nella famiglia d’origine ben oltre il periodo dell’adolescenza e oltre l’età media di matrimonio, dilatando così il momento dello svincolo dalla propria famiglia.

Sicuramente ci sono notevoli fattori, psicologici e sociali, che concorrono ed alimentano questo fenomeno, primo tra i quali sicuramente quello dello disoccupazione. Il peso socio-economico degli effetti di tale situazione ricade sulla famiglia, che finisce così per risultare una risorsa indispensabile per i suoi componenti più giovani.

 

Se a questa causa aggiungiamo la prolungata scolarizzazione e gli affitti elevati degli alloggi ci rendiamo conto che l’emancipazione dei giovani adulti di oggi è di fatto resa più complessa dal contesto sociale in cui essi si trovano a vivere. Succede anche che genitori e figli sperimentino i reciproci vantaggi di una situazione nella quale la regolazione delle distanze e l’equilibrio tra affettività ed autonomia risulta adeguato per entrambe le generazioni.

I figli, rimanendo in famiglia, possono soddisfare bisogni di attaccamento e contemporaneamente prendono tempo per affrontare la turbolenza del mondo esterno all’interno di un contesto ampiamente protettivo, prolungando nel tempo la fase del ciclo vitale di una famiglia definita” l’emancipazione dei figli dai genitori”.

Dall’altra parte i genitori, pur avvertendo il desiderio di vedere i propri figli sistemati, posticipano il non facile momento del distacco prolungando nel tempo la fase del ciclo vitale di una famiglia definita “ l’emancipazione dei genitori dai figli”.

Lo sfruttamento dei reciproci vantaggi legati a questa situazione non può certamente far trascurare i vincoli e i pericoli che essa comporta.

 

Un primo rischio è che l’eccessiva vicinanza e l’assenza di conflittualità rendano stagnanti ma soprattutto ripetitivi i rapporti; la mancanza di conflitto tra due generazioni così diverse può diventare predittiva di una relazione non sana. Spesso è proprio grazie al conflitto e alla possibilità di gestirlo in modo costruttivo che si riescono ad instaurare relazioni rispettose della propria e altrui diversità in funzione di un obiettivo comune.

L’eccessiva vicinanza rischia inoltre di trasformare il legame tra genitore e figlio in un rapporto simbiotico; l’idea soggiacente è quella di una famiglia in cui tutti i principali bisogni e necessità trovano possibilità di venire soddisfatti al proprio interno. E’ evidente che in tal modo le energie e le forze che stanno alla base della spinta evolutiva e della crescita personale e familiare possono anche non attivarsi.

 

Qualora nel giovane prevalga la paura di crescere – la cosiddetta Sindrome di Peter Pan- difficilmente le sue risorse individuali e la capacità di progettualità potranno effettivamente svilupparsi. La famiglia del giovane adulto, pertanto, rischia di rimanere bloccata e di non portare a termine uno dei suoi compiti evolutivi principali, quello cioè che consiste nell’accettazione da parte dei figli e dei genitori della reciproca separazione.

E’ questo, oltretutto, un lavoro emotivamente non facile da affrontare e che richiede ai genitori di rispettare l’indipendenza che acquisirà il figlio e che comporterà un cambiamento dal punto di vista affettivo. Un cambiamento che non andrà nella direzione di un allontanamento ma semplicemente di un modo diverso di viversi reciprocamente la loro affettività.

La separazione può inoltre suscitare paure al genitore o risvegliare ansie legate alla solitudine, all’invecchiamento, alla perdita delle sue funzioni genitoriali e alla ri-considerazione delle funzioni coniugali fino ad allora messe un po’ in disparte per dare la priorità alla genitorialità.

Il rapporto di coppia è costretto a misurarsi senza intermediari e quindi obbliga un ri – orientamento della relazione coniugale alla ricerca di un’intesa, che valorizzi i nuovi ruoli e i nuovi rapporti che i coniugi si trovano a vivere.

Ma anche per il figlio il processo di separazione non è certo indolore, dal momento che egli deve fare i conti con le proprie responsabilità di adulto e abbandonare il mondo, tutto sommato rassicurante, che i genitori sono ancora disposti a mettergli a disposizione.

 

Diversi sono i fattori che possono favorire od impedire la realizzazione di questo compito; è certamente da considerare il modo in cui gli stessi genitori hanno realizzato o meno lo svincolo dalle loro famiglie d’origine, poiché questo modello può nuovamente riproporsi per affrontare la fase di distacco.

Come è stato ampiamente dimostrato è fondamentale che il sistema familiare possa tollerare la separazione al suo interno e risultano pertanto rilevanti gli atteggiamenti dei genitori al fine di fungere da elementi di stimolo per il processo di svincolo del figlio.

Qualora i genitori riescano a comunicare e ad infondere nel figlio la loro fiducia nelle sue capacità di adulto come anche rassicurarlo sulle loro capacità di saper tollerare il dolore del distacco e di ri-organizzarsi in modo autonomo, è molto probabile che il processo di separazione avvenga in modo positivo.

Tale separazione dovrebbe portare ad una progressiva individuazione sia del genitore sia del figlio, il quale può raggiungere una sua identità adulta e differenziata, mantenendo ed arricchendo di significati il legame con i propri genitori. Un legame che non sarà più improntato alla semplice dipendenza ma alla mutua interdipendenza e che porterà al consolidamento di un’identità differenziata che saprà scegliere volontariamente e consapevolmente.

Al contrario, un incompleto processo di differenziazione dalla famiglia d’origine, rischia di invischiare il giovane in scelte dettate dalla necessità di assecondare i genitori o, specularmente, di opporvisi.

 

Ad un certo punto il figlio sente di dover regolare in modo diverso le distanze per riuscire a portare a termine la costituzione della sua identità di adulto e se si sente appoggiato la separazione non verrà vista come rottura del legame ma come occasione per sviluppare una modalità più complessa per regolare la distanza genitore-figlio.

Da quanto detto risulta chiaro che il fenomeno della prolungata permanenza del giovane adulto nella sua famiglia risulta complesso nelle sue dinamiche; si intersecano vantaggi reciproci con limitazioni e rischi.

Certo è che la famiglia in questa sua nuova fase del ciclo vitale si trova di fronte a nuove sfide evolutive; oltre che un periodo rischioso che potrebbe portare ad invischiamenti e forme di simbiosi, la famiglia diventa anche un “trampolino di lancio”che porta il giovane adulto a costruire la propria identità.

 

Dott.ssa Annamaria Albani

Servizio Liberamente Cooperativa Sociale Il Millepiedi

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