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Attualità Rimini

Una colomba in prima linea

di Redazione   
Tempo di lettura lettura: 2 minuti
mar 4 nov 2014 17:53 ~ ultimo agg. 18:24
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Dall’estate scorsa Operazione Colomba è stabilmente presente in Libano, ai confini della Siria, nei campi profughi della regione di Akkar, a Nord di Tripoli, vicinissimi alla città di Homs al di là del confine.
La situazione è davvero difficile – ci dice il riminese Alberto Capannini in partenza per il Libano – La tensione alle stelle, dopo gli attacchi di gruppi fondamentalisti alla città vecchia di Tripoli”.

Da quanto tempo Operazione Colomba opera in Libano?
“Il primo contatto è stato un anno fa. Poi ci siamo tornati più volte finchè da quest’estate ci siamo stabiliti nel paese di Tall’Aabbas. Qui ci sono circa 3000 abitanti di cui 2000 cristiani ortodossi e 1000 musulmani sunniti. Negli ultimi due anni si sono aggiunti 2000 siriani musulmani sunniti. I villaggi limitrofi sono invece a maggioranza alawita da un lato e sunnita dall’altro”.

Perché avete scelto quel villaggio?
“Ci permette di conoscere più parti coinvolte nel conflitto e perchè a causa della composizione e della posizione ci era stato segnalato come una possibile zona calda in caso di tensioni”.

Quali sono stati i primi passi?
“Abbiamo ripreso i contatti con le persone conosciute, abbiamo ricevuto la richiesta, da parte di alcuni profughi, di dormire nel loro campo in una tenda. In questo campo alcuni di noi avevano vissuto una settimana, in giugno. Durante l’estate, a causa dei fatti avvenuti in Aakkar, alcuni libanesi hanno minacciato i profughi di queste tende. È stata lasciata nottetempo una lettera in una bottiglietta in cui i padri di famiglia del campo venivano minacciati e veniva dichiarata la volontà di incendiare le tende se non se ne fossero andati. Da allora, a turno, qualcuno sta sveglio per fare da sentinella. Ci hanno chiesto di essere presenti al campo, perchè avevano sperimentato che la nostra presenza al campo aiutava a mantenere basso il livello di tensione con i libanesi”.

Dunque c’è forte tensione fra siriani e libanesi…
“La nostra presenza al campo, pur sconsigliata dalle forze Onu, diventa indirettamente fonte di sicurezza anche per i libanesi cristiani, molto spaventati dalla presenza dell’ISIS nel territorio. Vivendo al campo «dimostriamo» che quel posto è privo di pericoli per loro. Che cioè quei siriani non sono coinvolti dal fondamentalismo dell’IS”.

Come impegnate le vostre giornate?
“A partire dalla tenda e dal garage dove abitiamo, abbiamo impiegato le nostre giornate soprattutto nelle visite alle persone e nell’ascolto. Prima di tutto dei profughi, e in particolare di quelli che ci sembrano essere i più fragili e più in difficoltà, o perchè soli o perchè in situazioni disperate, ma abbiamo fatto molte visite anche ai libanesi cristiani e musulmani. Cerchiamo in questo modo di mettere in contatto le persone che, pur vivendo vicine, non si relazionano le une alle altre.
A partire da questo ascolto abbiamo cercato di aiutare le persone nelle piccole cose quotidiane, là dove le grandi ONG non arrivano”.

 

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