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Chiacchiere tra babbi: una serata al residence dei padri separati

di Stefano Rossini   
Tempo di lettura lettura: 7 minuti
mer 27 ago 2014 12:52 ~ ultimo agg. 30 nov 22:04
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Noi dividiamo il mondo in categorie, nella speranza di comprendere meglio e semplificare la realtà che ci circonda. Ma le categorie non sono gabbie. Ciò che è dentro muta, o lo fa la nostra percezione. Come è successo ad esempio alla categoria dei padri separati, un tempo parte forte della coppia, che andando via di casa manteneva potere economico e sociale lasciando le mogli in difficoltà e che oggi si trova nella situazione opposta. Capita che i padri separati siano la parte debole dell’ex coppia, tanto che la Giunta del Comune di Rimini li ha inseriti tra le 7 categorie di nuovi svantaggiati; e sta cercando di aiutarli con strumenti come il Residence dei padri separati, una palazzina, di proprietà di Asp Valloni, con 8 appartamenti monolocali messi a disposizione per un tempo massimo di 18 mesi ad un canone di affitto di 150 euro mensili.

“L’idea dietro a questo progetto – dice il vicesindaco Gloria Lisi – non è solo fornire un servizio, ma anche cercare di mettere le persone nella condizione di muoversi autonomamente. Un aiuto, per evitare che padri separati vivano in situazioni precarie, in appartamenti poco ospitali nei quali non hanno la possibilità di portare i figli. Qui, invece, oltre agli appartamenti, ci sono anche degli spazi comuni, in modo che padri e figli possano socializzare”.

Ma, quindi chi sono i padri separati? Hanno tutti lo stesso vissuto? Gli stessi timori? Quelli tornati a casa dai genitori, quelli che hanno preso un appartamento insieme ad amici, quelli che finiscono nella povertà più nera e quelli accolti nel residence dei padri separati? Odiano le ex mogli, hanno pochi soldi, o li nascondono, vivono rapporti conflittuali coi figli, oppure hanno una nuova vita? una nuova amante? Difficile rinchiuderli tutti in una sola categoria. Noi abbiamo fatto l’unica cosa che si poteva fare: farci raccontare le loro storie, il loro punto di vista, durante una sera di un mercoledì piovoso (come tanti in questa estate), nella sala comune del Residence dei padri separati.

L’atmosfera è tranquilla. Ci apre la porta e ci fa accomodare Arturo. Volete il caffè?, chiede. Qualcuno risponde, e si allontana per prepararlo. Poi arriva Davide, sulla cinquantina, maglietta e pantaloni, capelli corti e naso aquilino. Sorride, fa battute. Si accende una sigaretta e comincia a parlare, insieme a Vincenzo, Giulio, Gianluca, appena arrivati; Laura, la psicologa, si lamenta del fumo, perché quello passivo fa male ai bambini. Uno alla volta arrivano tutti i padri che sono al momento al residence, tranne quelli che sono fuori a lavorare. Arrivano anche i caffè. È Davide, che da poche settimane ha lasciato il residence per un altro appartamento, che comincia a raccontare la sua storia.

“La mia esperienza – racconta Davide – non è stata bella. In famiglia c’erano cose che non funzionavano, senza entrare nel merito. Le colpe sono di entrambi, però è l’uomo che subisce le conseguenze. Per lui si rivoluziona tutto da un giorno all’altro. Alla fine la maggior parte dei problemi è di natura economica. Se hai le possibilità va bene, altrimenti cominciano le difficoltà, dato che le spese raddoppiano. C’è un nuovo affitto da pagare, il mantenimento, e tutto il resto. Dai soldi, poi, nascono anche altri malintesi. Ti trovi a fare i conti con la realtà. In 2 giorni il giudice dice via di casa. Tutto diventa provvisorio. Non sai dove andare. Io sono passato prima dall’ospedale perché sono stato male e poi anche alla Capanna di Betlemme, poi, per fortuna, sono arrivato qui nel marzo del 2013 e ci sono rimasto sino a poche settimane fa. Avere a disposizione questo posto mi ha aiutato. All’inizio ho anche perso il lavoro, ma adesso mi sono rimesso in sesto, e ho trovato da un’altra parte. Diciamo che servono buona volontà, tanta fortuna ma anche molta tenacia.
“Sono abbastanza ottimista per il futuro – prosegue Davide – questo è un punto di partenza, è un tetto sulla testa, il minimo per ripartire. Per non parlare dell’amicizia nata qui dentro con gli altri padri, sia tra noi adulti che tra i nostri figli”.

Gianluca è l’ultimo arrivato. È uno dei due riminesi della casa. Ha due bimbi che giocano di sopra. Lo sguardo è affaticato. Cerca di rimanere tranquillo, rilassato, ma si vede che è stanco. “Ho avuto una separazione molto difficile. Sono qui da 2 mesi, ma ho già sulle spalle due traslochi in poco tempo e devo dire che ne risento. I miei bimbi hanno 12 anni, la femmina, e 5 anni il maschio, e per fortuna non ho problemi a vederli, ma problemi economici sì. La situazione è difficile. Ho il mutuo della vecchia casa, la macchina e tante spese. Per ora il futuro è molto scuro. Però, è davvero importante tenere un minimo di dignità, vorrei vivere pur con qualche rinuncia, ma senza dover contare il singolo euro”.

Ecco di nuovo Arturo, 51 anni, che ci ha preparato il caffè e ora ci racconta la sua storia. “Non è diversa dalle altre. Ti trovi proiettato da un giorno all’altro in un limbo di cui non si vede uscita. Sei di colpo un uomo senza passato, in una realtà che non è la tua”.
Nessuno entra nel merito delle proprie storie personali, dei motivi della separazione. Qualcuno non ne parla, altri accennano che non è stata una loro scelta. In ogni caso, però, tutti i padri puntualizzano che per loro mancano le tutele.
“Dall’altra parte aumentano le tutele – dice – ed è giusto, ma per noi? Noi abbiamo meno tutele, non possiamo neanche fare richiesta per le case popolari. O meglio, possiamo, ma siamo lontani in graduatoria perché siamo da soli, singoli, e con un reddito considerato alto, perché non si conta quanto dobbiamo pagare di mantenimento”.
Se è vero che il Residence è un appoggio fondamentale per chi si trova in una situazione complicata, è altrettanto vero che 18 mesi non sono sempre sufficienti per riprendere l’autonomia perduta. “Io ad esempio – prosegue Arturo – sono ancora nella stessa situazione. È difficile ripartire con 500 euro al mese di mantenimento e due figli. Io sono preoccupato perché non vedo futuro”.

Con l’aumentare dei racconti il clima migliora sempre di più, le chiacchiere si fanno più tranquille. Anche chi prima non parlava adesso racconta, eppure sotto le voci rilassate e spesso divertite si percepisce un po’ di rabbia repressa, il dolore per quello che si è perso e che è ritenuto ingiustamente portato via. Ma come dice proprio uno dei padri, se vivi da solo fai ciò che vuoi, ma nel momento in cui hai dei figli ti devi regolare in modo diverso, perché ci sono delle persone che dipendono da te.
“Non è tutto negativo – conclude Arturo – questa esperienza è stata comunque positiva e si sono creati rapporti nuovi e bellissimi. I nostri figli, soprattutto i 5 ragazzi, tra i 12 e i 14 anni, hanno legato molto. Si incontrano qui e poi vanno in giro assieme. Spesso, prima di venire ci chiedono se ci sono i loro amici. Poi si incontrano qui e vanno fuori assieme. Anche la zona è comoda. C’è tutto qui attorno”.

Alcuni hanno chiesto una proroga dei 18 mesi, proprio per ovviare alle difficoltà.
“Ma voi prendereste una casa in comune? – chiede il vicesindaco – Per dividere le spese?” La maggior parte risponde di sì, ma non tutti.

Mauro, qui da aprile 2013, non parla subito. Sta sulle sue. Guarda e lascia parlare gli altri e ridacchia sotto i baffi, fino a che gli altri padri lo incitano. “Mauro, dì al giornalista quanto pagavi di mantenimento tu, che non ci crede”. Ancora ridacchia, poi comincia a raccontare la sua storia. Sì, ci dice anche che all’inizio pagava 800 euro di mantenimento, che andato via di casa ha dovuto dormire in macchina perché non voleva tornare dai suoi. “Ho avuto un’uscita di casa drastica – racconta – eravamo separati in casa e un giorno, tornato dal lavoro ho trovato la serratura cambiata”. Mauro sfonda la porta, entra in casa e si mette a dormire. L’ex moglie chiama le forze dell’ordine che alle 4 di notte vengono a portarlo via con conseguente denuncia per resistenza e oltraggio a pubblico ufficiale.
“Dopo la macchina mi sono appoggiato da un amico, finché non ho scoperto dell’esistenza del Residence e ho fatto domanda”. Dopo il momento di freddezza iniziale, Mauro è l’unico che mi fa salire e vedere la camera, un piccolo monolocale ben arredato e dignitoso, con poco spazio, sì, ma pulito e con tutto il necessario. Accende il cellulare e mi fa vedere i video del figlio più piccolo,12 anni, che gioca a calcio. Lui lo segue in tutte le partite.
E per il dopo? “Sto pensando al camper. Perché al momento non vedo altra soluzione”.

L’ultimo è Vincenzo, 47 anni, anche lui qui da aprile del 2013. La sua storia non è diversa dalle altre, e come gli altri, i punti dolenti sono i figli, i soldi e i rapporti con l’ex moglie.
“Io non guadagno male, ma tra ingressi e uscite non ci sto. Quello che mi scoccia di più è che quando i miei figli mi chiedono 5 o 10 euro non ce li ho, perché li ho finiti tra spese e mantenimento, e a loro sembra che io non li abbia o non voglia darglieli.
“Mi è capitato che mio figlio mi chiedesse il motorino, io gli ho detto di no, e il giorno dopo è arrivato col motorino compratogli dalla mia ex moglie. Mortificarsi davanti ai propri figli è la cosa peggiore”.

Dopo che tutti hanno parlato l’atmosfera è più conviviale. I discorsi si spostano e toccano altri argomenti come il calcio, la politica, anche se emergono in continuazione difficoltà economiche e ingiustizie subite. In una storia di coppia che si rompe è difficile indicare le responsabilità e le colpe con precisione, però è altrettanto importante garantire pari dignità ad entrambi, perché le due figure genitoriali rimangano comunque un punto di riferimento per i figli. Alla fin fine, poi, come spesso accade, il problema è di natura economica, che mina e corrode i rapporti e porta anche ad utilizzare i figli come arma di ricatto.

Stefano Rossini
foto: Riccardo Gallini