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Provincia Turismo

Gnassi e Galli scrivono al Ministro Gnudi: turismo abbandonato a se stesso

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ven 4 gen 2013 12:46 ~ ultimo agg. 00:00
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“Mai come nell’ultimo biennio, i luoghi che vivono e fanno accoglienza sono stati lasciati soli” scrivono i due denunciando la battaglia impari con gli altri paesi esteri e ricordando gli annunci fatti dal ministro durante la sua visita di giugno a Rimini (campagne di comunicazione, piani strategici, finanziamenti ai comuni turistici) e mai tradotti in realtà. Gnassi e Galli concludono auspicando che il prossimo Governo assuma “la consapevolezza del valore economico, sociale, culturale, naturale, di immagine di una programmazione turistica e culturale finalmente innovativa e concreta” altrimenti “tra qualche anno altri si troveranno a riscrivere queste stesse righe, sempre più disperate, sempre più inutili.”

La lettera al ministro Gnudi firmata da Gnassi e Galli

Illustrissimo Ministro del Turismo, Dottor Piero Gnudi,

in questo scoppiettante avvio di campagna elettorale- segnata momentaneamente da bulimie televisive – si aggira un fantasma: il turismo italiano. Da alcuna parte, in nessun discorso o agenda o taccuino o bozza di programma, si accenna minimamente a qualsivoglia ipotesi di riaccendere il motore di uno principali asset di sviluppo che il Paese detiene. Un silenzio che è la derivata ultima di un pensiero nazionale del tutto inconsistente e ‘antieconomico’ sul tema, e non da ora.

L’impressione, Illustrissimo Ministro, è che oggi si raccolga quanto (non) seminato ieri, ovvero negli ultimi 10 anni. Anche Lei, in perfetta sintonia con i suoi predecessori, non è andato oltre il Discorso Burocratico Moderno, vale a dire- nell’accezione che ne offre lo storico Sergio Luzzatto- ‘le parole sapientemente costruite per veicolare il nulla’. Magari non è inciampato nelle cantonate dei suoi colleghi (il sito internet zeppo di errori per Francesco Rutelli, le capriole sui casinò per Maria Vittoria Brambilla), ma davvero i Suoi 15 mesi alla guida del turismo italiano si sono distinti per afonia di contenuti, ammantati di tanto in tanto da qualche discorso ricco di impegni ma povero della susseguente concretezza.

Potrà obiettare che il tempo è stato insufficiente, che prima c’era da salvare il Paese, che le strutture preesistenti erano troppo incrostate. Tutto vero ma largamente insufficiente per spiegare una totale passività e invisibilità, probabilmente figlie di un radicato pregiudizio che considera il turismo (e la cultura) figlio di un Dio minore nella grande famiglia dello Stato italiano.

Vuole un riassunto? Prendiamo la sua visita a Rimini dello scorso giugno. Alle (dovute) rassicurazioni post sisma in Emilia, Lei faceva seguire annunci di imponenti campagne di comunicazione, piani strategici, finanziamenti ai Comuni turistici; 50 azioni vere qui, 30 miliardi di euro in più di PIL là. Il tutto da finalizzare entro la fine del 2012. Niente di tutto questo si è visto, salvo il cambio della governance all’ENIT cui però mancano ancora le gambe economiche per rialzarsi in piedi.

Meglio poi lasciar perdere la gestione singhiozzante dell’allineamento alle normative europee del problema delle concessioni del demanio marittimo: singhiozzante, appunto. Oppure l’approccio ‘felpato’ (eufemismo) con cui gli uffici preposti valutano le proposte e i progetti degli Enti locali per riqualificare parti di tessuto urbano a chiara matrice turistica. Il federalismo demaniale, promesso e garantito più volte ai Comuni? Vedi sopra, Discorso Burocratico Moderno.

Nemmeno in questo, dove bastava un semplice decreto per mettere a disposizione dei territori importanti asset da riqualificare e con essi potenziare l’offerta turistica del Pese, abbiamo potuto riscontrare quella concretezza tecnica di cui in altri casi si è fatto vanto l’esecutivo.

Mai come nell’ultimo biennio, i luoghi che vivono e fanno accoglienza sono stati lasciati soli in una battaglia ormai impari, che all’estero si combatte a colpi di moderna infrastrutturazione e imponente promozione, sostenuti sistematicamente da Stati, e non da un Comune o una Provincia. Il peggio, però, non è passato. Anzi, proprio la scelta di non scegliere che ha caratterizzato per troppi anni l’azione (?) governativa nei confronti delle politiche turistiche, rischia di aprire un baratro sempre più profondo nel livello di competitività del Paese. Un Paese che avrebbe un dannato bisogno di investire e credere nelle due sole industrie che lo rendono unico nel panorama mondiale: cultura e turismo.

E invece, Illustrissimo Ministro, torniamo sempre lì, al Turismo considerato ‘il Calimero’ delle priorità di ogni Esecutivo; al Turismo penalizzato in tutti i suoi elementi rispetto alla concorrenza europea, IVA e pedaggi autostradali compresi.

Chi verrà dopo di Lei sicuramente troverà i cassetti pieni di analisi e valutazioni. Forse anche di progetti. Ma se non sarà un Governo intero ad assumere pienamente la consapevolezza del valore economico, sociale, culturale, naturale, di immagine di una programmazione turistica e culturale finalmente innovativa e concreta, tra qualche anno altri si troveranno a riscrivere queste stesse righe, sempre più disperate, sempre più inutili.

Distinti saluti