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Rimini

Ric. pubblichiamo. Vitali: 'Allarmanti i dati su tossicodipendenze'

In foto: Stefano Vitali, assessore alla Protezione Sociale e alla Famiglia del Comune di Rimini, interviene sui nuovi dati nazionali delle tossicodipendenze. Pubblichiamo il commento di Vitali:
Stefano Vitali, assessore alla Protezione Sociale e alla Famiglia del Comune di Rimini, interviene sui nuovi dati nazionali delle tossicodipendenze. Pubblichiamo il commento di Vitali:
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mar 10 lug 2007 12:03 ~ ultimo agg. 30 nov 00:00
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Sono allarmanti i dati della relazione annuale sulle tossicodipendenze del Viminale, che sarà presentata mercoledì in Parlamento, ma i cui dati principali sono già consultabili su diverse testate nazionali.

Il primo dato eclatante è il forte aumento di sostanze nel nostro Paese, in particolare di cocaina (+20%), e cannabis (+15%). I dati sono ancora più significativi se pensiamo che, nel resto del mondo, assistiamo al fenomeno inverso, ovvero alla progressiva riduzione del consumo di droghe.

Ma ciò che caratterizza tragicamente il nostro Paese è l’aumento, nell’uso di sostanze, da parte dei ragazzini di dodici e tredici anni. L’abbassamento dell’età del consumo, citano le fonti, riguarda in particolare le droghe pesanti, come la cocaina.

In questo contesto già preoccupante, Rimini emerge con dinamiche altrettanto critiche.

Su tutte il primo posto in regione per consumo occasionale (non da dipendenza) di droghe nella fascia di età che va dai 15 ai 54 anni. Nella stesso intervallo anagrafico abbiamo il 13% di maschi riminesi e l’8% di femmine che fanno abuso di alcool; il 15% di maschi e sempre l’8% di femmine, che abusano di cannabis; il 3,5% di maschi e l’1,3% di femmine che assumono cocaina, l’1.1% di maschi e lo 0,2% di femmine che assumono allucinogeni, lo 0,5% di maschi e lo 0,2% di femmine che consumano eroina.

Ma i dati più interessanti e da tenere particolarmente presente sono quelli relativi all’uso di sostanze tra i ragazzi riminesi in età scolastica, fino ai 18 anni.

Il 23% dei maschi abusa di alcool (le femmine hanno una percentuale solo leggermente inferiore), il 27% dei maschi e il 21% di femmine sono consumatori di cannabis, il 4,2% di maschi e il 3% di femmine assumono cocaina.

Questi sono dati ufficiali, e quindi tendenzialmente al ribasso, perché vi è storicamente una zona grigia che non appare ma che sicuramente ritocca al rialzo questi numeri già impressionanti.

Sono dati forti, pesanti, che fanno male, che ci fanno sentire urgente la necessità di un cambiamento di direzione nella nostra società, nelle nostre famiglie, negli stili relazionali ed educativi che caratterizzano la quotidianità. Sono un pugno nello stomaco di questa società che, sotto l’apparente benessere e l’ostentata ricchezza, cela un disagio diffuso e un incomunicabilità crescente con le generazioni più giovani.

Il nodo centrale di questo progressivo aumento nei consumi di droga è da ricercare, allora, nei modelli educativi che noi adulti passiamo ai giovani.

Se in passato la droga era un fenomeno visibile e circoscritto a talune fasce di disagio estreme, oggi si caratterizza invece per una profonda trasversalità sociale e una apparente quanto pericolosissima invisibilità. Quelli in aumento nei dati, non sono i giovani eroinomani delle passate generazioni, ma ragazzini “per bene”, figli di famiglie inserite nel tessuto sociale e con una vita apparente normale.

L’uso di sostanze sta così lentamente scivolando nella “normalità” delle vite di tante famiglie, senza fare rumore.

Purtroppo è facile constatare come, da anni, la società abbia allentato la presa sui fenomeni legati alla trasgressione, stimolata da un modello consumistico negli scambi commerciali e nelle relazioni umane. Penso al recente scandalo del consumo e spaccio di stupefacenti in parlamento, penso ai tanti fatti di cronaca che vedono coinvolti penosamente politici, professionisti e signori “per bene”.

Nei media allora comincia a passare l’idea distorta e pericolosissima che drogarsi non fa male, fa tendenza e, perché no, aiuta nella scalata al successo sociale. Ma nella vita reale non è così: i segni e le conseguenze sui nostri figli sono incalcolabili e permanenti, altroché ‘un mese in clinica a disintossicarsi e via più fresco di prima’.

Non crediamo ai volti sorridenti di questi personaggi e alla felicità da copertina che i media ci sbattono in faccia. Chi proviene da storie di abuso da sostanze ci mette anni per ricostruire il tessuto di una vita indipendente e sana, non bastano pochi mesi di comunità, non bastano i migliori medici e le terapie più innovative. Ci vuole tempo, pazienza, sacrifici enormi. Il pieno ripristino è comunque incerto e durissimo da ottenere, sempre.

Un ultima riflessione. Tutti i “dipendenti” sedicenni da cocaina, provengono da anni di abuso di alcool alle spalle. Non pensiamo che esistano sostanze di serie a e sostanze di serie b. Le tossicodipendenze o l’alcolismo non sono solo problemi di chimica, sono il frutto di un disagio, di un abbandono, di una società sorda alle richieste dei giovani e chiusa sempre più a chiave nelle proprie paure, blindata nei propri salotti confortevoli e tecnologici.

Abbiamo scoperto di essere anche noi, con il nostro benessere, soggetti fragili. è importante prenderne atto, senza drammi, senza inutili sensazionalismi. È fondamentale però capire che non è più il momento di nasconderci, che è venuta l’ora di uscire allo scoperto e affrontare con responsabilità questo problema. Solo con un’assunzione condivisa di responsabilità potremmo invertire questa tendenza, con l’impegno il coinvolgimento di tutti, senza scaricare la responsabilità solo sulle istituzioni, sulla scuola o sulla società in generale. Questi dati ci impongono di accettare una sfida nuova, quella della fiducia, del coinvolgimento, dell’ascolto, ed è solo recuperando un senso profondo di comunità e di condivisione che riusciremo ad accettarla e a superarla, insieme.